Introduzione alla prima Lettera ai Corinti

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La liturgia da questa domenica del Tempo ordinario, nel ciclo dell’anno A, ci fa leggere la Prima Lettera di San Paolo ai Corinzi. Allarghiamo, allora lo sguardo, solitamente focalizzato sul Vangelo, per soffermarci brevemente su un testo importantissimo per la nostra vita, che ci accompagnerà fino alla Quaresima.

E’ una delle lettere più importanti tra quelle di Paolo, con una lunghezza che la affianca alla lettera ai Romani. Uno scritto che gli stessi Padri della Chiesa citano molto, e affronta diverse tematiche, cosa che le dà un’apparente disomogeneità, mentre – leggendola attentamente – possiamo ritrovare problematiche di una comunità viva, che Paolo rilegge. Per questo rimane di grande attualità, in quanto i problemi che la comunità vive e Paolo affronta hanno a che fare con il cammino di fede di una comunità di ogni epoca storica. In alcune sue parti necessita di una trasposizione storica importante, perché riflette la società e il pensiero del tempo, ad esempio in riferimento alle donne, per riattualizzarlo nel nostro oggi.

Destinataria della lettera è la comunità di Corinto, antica grande città della Grecia, tra le più grandi dell’antichità. Città molto viva, cosmopolita, con due porti, sul mar Egeo e sul Ionio, e già Nerone aveva in progetto la costruzione di quello che è, oggi, il canale di Corinto.  Nel 146, avendo preso parte alla lega Achea contro Roma, viene distrutta, e ricostruita da Giulio Cesare nel 44 a.C. che la chiamò Colonia Iulia Corinthus. La sua prosperità è anche legata all’importanza che le dette Augusto, innalzandola a capitale della provincia di Acaia nel 27 a.C.

E’ una città che si trova ad essere punto di incontro tra popolazioni e culture diverse, attraversata da tante persone per via del commercio, e del gioco. La lavorazione del bronzo (famosi i bronzi di Corinto) e altre attività la rendono una città anche molto ricca. Forse sono proprio queste caratteristiche a conferirle uno stile di vita  molto dissoluto,  e favorito dal culto – tra gli altri – di  Afrodite, dea dell’amore, nel cui tempio si esercitava la prostituzione sacra. La ricchezza della città era, però, in mano a pochi, mentre la maggior parte della popolazione viveva in condizioni di povertà, come lavoratori portuali, schiavi, lavori umili e poco redditizi.

Paolo si rifugia a Corinto verso la fine del II viaggio (intorno al 50), dopo il rifiuto sperimentato ad Atene, e vi rimane a lungo, circa un anno e mezzo, insieme ad Aquila e Priscilla (At 18).

La condizione in cui Paolo giunge a Corinto si può desumere dalle sue stesse parole:

“Anch’io, fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso. Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione. La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio”. (1 Cor 2,1-4)

Ad Atene, al famoso discorso all’Aeropago, aveva sperimentato il fallimento della sapienza umana. Si era presentato con uno dei suoi discorsi migliori, ma era stato deriso e rifiutato. Una lezione importante, che lo segnerà profondamente, aprendogli la via maestra verso la vera sapienza della croce.

Accolto in casa di Aquila e Priscilla, condivideva con loro lo stesso lavoro. Questa coppia aveva abbandonato Roma a seguito dell’editto di Claudio con il quale aveva cacciato tutti ebrei dalla capitale. Erano cristiani, forse il nucleo embrionale di quella che poi sarà la Chiesa di Corinto, fondata dallo stesso Paolo. Giunto da solo a Corinto, Paolo sarà raggiunto da Sila e Timoteo, che gli portano anche aiuti economici raccolti dalla comunità dei Filippesi

Ho provato grande gioia nel Signore perché finalmente avete fatto rifiorire la vostra premura nei miei riguardi: l’avevate anche prima, ma non ne avete avuto l’occasione. 12 So vivere nella povertà come so vivere nell’abbondanza; sono allenato a tutto e per tutto, alla sazietà e alla fame, all’abbondanza e all’indigenza. Non dico questo per bisogno, perché ho imparato a bastare a me stesso in ogni occasione.
Tutto posso in colui che mi dà la forza. Avete fatto bene tuttavia a prendere parte alle mie tribolazioni.

(Fil 4,10-14)

Inizialmente la sua predicazione avviene in sinagoga, ma poi, rifiutato dagli ebrei, si rivolge ai pagani. Accolto nella casa di un uomo di nome Tizio Giusto, che abitava in prossimità della sinagoga, annuncia il Vangelo, e i frutti non tardano ad arrivare, tanto che lo stesso capo della sinagoga, Crispo, abbraccia la fede cristiana. Continuò fino a quando i giudei lo denunciarono al proconsole romano Gallione, fratello di Seneca, il quale però capì che la motivazione era un pretesto per toglierlo di mezzo, e cacciò gli accusatori. Paolo, dopo questi fatti, rimase ancora un poco a Corinto, ma poi partì insieme agli stessi Aquila e Priscilla verso la Siria.

La Chiesa di Corinto si trovava così ad affrontare sfide importanti: città ci cultura greco-romana, doveva imparare a vivere la fede cristiana, nata in un contesto molto diverso. Sappiamo che Paolo scrisse più delle due lettere a noi rimaste. In queste lettere Paolo sostiene la fede della Chiesa, entrando nelle situazioni concrete della vita della comunità. L’attuale Prima lettera, che iniziamo a leggere questa domenica, viene da Paolo scritta mentre si trova ad Efeso, tra il 55 e il 57 d.C.  Raggiunto da alcune persone, viene a sapere che ci sono tensioni, divisioni, scissioni che feriscono l’unità della comunità cristiana. Inoltre c’erano comportamenti dissoluti, poca carità che scandalizzava i pagani, litigi. Manda allora Timoteo,

Per questo vi ho mandato Timòteo, che è mio figlio carissimo e fedele nel Signore: egli vi richiamerà alla memoria il mio modo di vivere in Cristo, come insegno dappertutto in ogni Chiesa.” (1Cor 4.17)

E per rafforzare la parola del suo inviato, scrisse la lettera, anche per rispondere ad alcune questioni che gli stesso corinzi gli avevano nel frattempo sottoposto.

E’ una lettera che testimonia l’incontro tra la cultura ellenistica e il Vangelo, in un contesto esistenziale di una grande città, molto diverso dalla terra di Israele e anche con problematiche molto diverse.

I temi che la lettera tratta sono:

Esordio (1, 1-9)

I Parte: condanna dei disordini (1,10 – 6,20)

II Parte: risposte ai problemi (7,1 – 18,58)

– Matrimonio e verginità (7, 1-40)

– Le carni immolate agli idoli (8,1 –11,1)

– L’ordine nelle assemblee religiose (11, 2

– I carismi (12,1 – 14,40)

– La risurrezione dei morti (15, 1-58)

Epilogo (16, 1-23)

La liturgia di questa settimana ci fa leggere il saluto iniziale 1,1-3. Pochi versetti ma di grande intensità. Paolo definisce se stesso a partire dalla propria vocazione. E’ la chiamata di Dio a dire chi è lui: apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio. E’ questo a dare autorevolezza alla sua parola, alla sua persona, alla sua opera, compiuta per e nel nome di Dio. Apostolo: inviato, esattamente uguale a coloro che hanno vissuto insieme a Gesù. Una chiamata a servizio della Chiesa di Dio, di coloro, cioè, chiamati a partecipare alla santità di Dio. Questo non significa che alcuni sono chiamati alla santità e altri no, ma che la santità è un dono gratuito, che  viene da Dio. Fondato in Lui, che ne è l’origine, il dono di essere santi non poggia su risorse umane, ma sulla volontà eterna e immutabile di un Dio che è amore, e che per non perdere nessuno dei suoi figlio, ha mandato il suo Figlio Unigenito per riaprirci la via alla santità, quella via chiusa dal peccato e ora per sempre aperta per noi.

Ecco, Paolo si presenta così: apostolo per volontà di Dio. La sua vita è questo: annunciare il Vangelo, spendersi incessantemente per Lui. Chiediamogli di dare anche a noi il suo ardore missionario, la consapevolezza che ciò che ci dà un volto, un nome, una storia, è l’amore eterno di Dio, è la sua chiamata alla santità scolpita nel nostro cuore.

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