Il Vangelo di oggi è la continuazione del brano di domenica scorsa a cui rimanda il versetto iniziale: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”.
E il passo della Scrittura cui fa riferimento è un brano del profeta Isaia:
“Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi
e proclamare l’anno di grazia del Signore”.
Profezia che diventa per Gesù l’esplicitazione della sua missione, la sua carta d’identità presentata ai compaesani. Gesù nella Parola si manifesta, si fa conoscere, si offre all’uomo per quello che è, nella sua piena libertà e nel suo amore sconfinato.
Il brano di oggi, come la seconda tavola di un dittico, ci presenta la reazione “dei suoi”, di coloro in mezzo ai quali ha trascorso la sua infanzia e giovinezza, che con lui hanno avuto una certa familiarità e che ora presentano il “diritto di prelazione” per quanto riguarda le sue capacità taumaturgiche.
Questo brano ci fa da specchio per quanto riguarda la nostra posizione di fronte a Gesù. Anche noi siamo “i suoi”, anche noi ormai lo conosciamo attraverso la frequentazione delle celebrazioni, le preghiere, la lettura della Parola… e spesso anche noi ci poniamo di fronte a Lui, nei nostri bisogni, con “diritto di prelazione” e ci scandalizziamo quando ci sembra di non essere ascoltati.
Oggi la Parola che ci viene rivolta contiene in sè una domanda: “Tu, come ascolti? Qual’è la qualità del tuo ascolto del Signore?”
Gesù, secondo la profezia di Isaia, è venuto “a portare ai poveri il lieto annuncio (il Vangelo)” e proprio questa è la “qualità” richiesta per poterlo accogliere: un cuore povero, un cuore libero da preconcetti e soprattutto libero da se stessi per poter accogliere il Signore che si vuole donare a noi nella sua libertà amante.
“All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino”.
Con questa finale del brano, Luca, ci pone l’alternativa: o rimanere nella nostra Nazaret, come bambini capricciosi, sdegnati per le nostre attese frustrate, o farci poveri nel cuore accogliendo il Vangelo con semplicità, per seguire Gesù che si fa via per la nostra vita.
Lui è un Dio in cammino sulle nostre strade e solo chi è libero può accogliere l’invito a uscire dal proprio “paese”, dalle “proprie cose”, dai “propri piccoli e grandi bisogni”, per accogliere il Vangelo come l’annuncio della liberazione piena da ogni schiavitù e della salvezza, per una vita finalmente compiuta nella gioia.
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