4 ottobre 2021 – Solennità del Padre S. Francesco
In occasione della festa solenne del nostro Padre S. Francesco condividiamo una riflessione di P. Cesare Vaiani, definitore generale dell’Ordine dei Frati minori e amico della nostra comunità.
Durante l’anno noi cristiani celebriamo la memoria di numerosi santi, che segnano con le loro feste il calendario liturgico; le feste dei santi si inseriscono come aiuole colorate di fiori lungo la strada maestra del ciclo settimanale, centrato sulla domenica, festa primordiale della liturgia cristiana, e dei tempi liturgici, che dall’Avvento al Natale, dalla Quaresima al tempo pasquale, celebrano il mistero di Cristo Signore.
Anche la festa di san Francesco è una di queste presenze di santi nella liturgia della chiesa, e come ogni santo anche Francesco ci rimanda al mistero di Dio, glorioso nei suoi testimoni. Il culto cristiano dei santi e della Vergine Maria, infatti, non è centrato sul santo stesso, ma sull’opera di Dio che nei santi si rivela in maniera eminente. I primi ad esserne consapevoli sono i santi stessi, che hanno sempre scoraggiato il fanatismo di chi guarda solo alla santità dell’uomo, dimenticando che l’agire umano rimanda sempre al mistero di Dio: Francesco stesso, così profondamente convinto che il bene che noi operiamo è solo del Signore, “perché suo è ogni bene ed Egli solo è buono”, ci insegna a riconoscere in ogni bontà e in ogni santità umana un rimando alla fonte del bene, che è Dio solo.
Questa visione dei santi intesi come manifestazioni del mistero di Dio ci mostra molteplici e diversi aspetti del suo mistero: perché, se è certamente vero che Dio è uno solo, pure i modi di rivelarlo, realizzati dalle vite dei santi, brillano per la loro inesauribile varietà. Altro è il modo di manifestare Dio realizzato da san Francesco e altro è il modo di sant’Antonio, altro è il modo di Chiara d’Assisi e altro il modo della sua amica santa Agnese di Boemia. Sono certamente tutti santi, talvolta sono perfino vicini nel tempo e nell’ispirazione spirituale, ma ognuno di essi ha caratteristiche proprie, che fanno risplendere un aspetto diverso del ricco mistero di Dio. Questa varietà di accenti spiega anche perché ha senso celebrare numerosi santi: se fossero tutti uguali nella loro santità, basterebbe celebrare un’unica festa! Invece la Chiesa, nella sua materna saggezza, ci fa guardare ora all’uno, ora all’altro, sottolineando diversi aspetti esemplari, utili a guidare ciascuno di noi nel cammino verso Dio.
Quello che la vita di Francesco testimonia in maniera speciale è l’azione dello Spirito del Signore. Francesco stesso dice, nella Regola che ha scritto per i suoi frati, che ciò che dobbiamo desiderare sopra ogni cosa è di “avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione”. Se dice che lo dobbiamo desiderare “sopra ogni cosa”, vuol dire che lo ritiene davvero importante!
È lo Spirito di Dio, infatti, che suscita nel cuore dell’uomo la fede e l’amore; non siamo noi che, da noi stessi, possiamo darci la fede o la carità. Solo aprendoci alla Sua azione sentiamo crescere nel nostro cuore la capacità di dire “Credo” e la forza per dire “Amo”.
L’azione dello stesso Spirito del Signore ci rende una cosa sola con il Figlio di Dio, Gesù, e dunque ci fa entrare in relazione filiale con Dio, Padre di Gesù e padre nostro; la conseguenza di questa azione dello Spirito è che, rendendoci figli nel Figlio, egli ci fa fratelli tra noi, fratelli minori alla stessa maniera in cui Gesù si è fatto nostro fratello e nostro servo. Nasce così la fraternità, quel rapporto da fratelli che vediamo realizzato così bene in “frate Francesco”: possiamo notare che Francesco scelse per sé e per i suoi frati il nome di “frati minori”, che sottolinea un modo di essere fratelli.
Francesco ci insegna anche che lo Spirito del Signore, facendoci riconoscere che ogni bene è di Dio, ci guida all’espropriazione e ci fa abbracciare la povertà del cuore. La povertà che consiste prima di tutto in una dimensione del cuore, che non si appropria di nulla, né delle cose né delle persone, e che riconosce nei beni di questo mondo i doni di Dio, che vanno a Lui restituiti con riconoscenza e con gioia.
È lo Spirito che rende “spirituale” il nostro ascolto del Vangelo, nel quale ci parla il Signore Gesù; se non ci apriamo all’azione vivificante dello Spirito leggiamo il Vangelo come un libro morto, mentre la forza dello Spirito ci permette di cogliere oggi la voce viva di Gesù. Francesco lo aveva capito bene, lui che molte volte usa l’espressione “come dice il Signore nel Vangelo” e non “come disse il Signore”: usa il verbo al presente, perché lo Spirito rende attuale quella parola di Gesù.
Infine, Francesco che ci invita ad “avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione” ci ricorda che l’effetto della presenza dello Spirito è proprio la sua “santa operazione”, cioè un agire geniale e intraprendente, per realizzare quello che il Signore ci suggerisce. Non c’è nulla di più pratico di un uomo spirituale: la spiritualità cristiana non è qualcosa di fumoso e disincarnato, ma qualcosa che ha a che fare con la vita e con l’azione o, come dice Francesco, con la “santa operazione”.
Celebrando la festa di san Francesco, dunque, guardiamo alle caratteristiche specifiche della sua santità, e ne raccogliamo l’ammaestramento spirituale, che egli ha espresso anzitutto con la vita, ma anche con la sua dottrina, attraverso gli insegnamenti raccolti e tramandati dai suoi scritti e dalle sue biografie.
Va tuttavia aggiunto che secondo la prospettiva cattolica i santi non sono solo modelli e maestri di vita cristiana; essi sono anche intercessori, che possono darci una mano presso Dio ed aiutare il nostro cammino umano. È vero che, tante volte, per i bisogni concreti della nostra vita ci rivolgiamo più a Sant’Antonio, grande intercessore di miracoli presso Dio; ma se vogliamo chiedere qualcosa che aiuta il nostro progresso spirituale, forse sarà bene ricorrere a san Francesco, dal quale possiamo imparare soprattutto ad “avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione”.
Anche Francesco, dunque, non è solo modello, ma anche intercessore per noi; a lui possiamo rivolgerci con la preghiera che il suo primo biografo pone alla fine della sua opera, quando con ardita intuizione invita Francesco a intercedere per noi presso Cristo, alla stessa maniera in cui Cristo intercede per l’umanità presso il Padre. In questa preghiera persino il gesto di mostrare le stimmate è lo stesso per Francesco e per Cristo, in una estrema e suggestiva identificazione che ne esalta il ruolo di intercessore: «Mostra, o padre Francesco, al divin Figlio del sommo Padre le venerande stimmate di lui che tu hai sul costato; mostra i segni della croce nelle tue mani e nei tuoi piedi, perché egli stesso, a sua volta, si degni misericordiosamente di mostrare le sue ferite al Padre, il quale certamente a quella vista sarà sempre benigno con noi miseri! Amen. Fiat! Fiat! » (1 Cel 118: FF 526).
P. Cesare Vaiani ofm
San Francesco d’Assisi (M.della Dormitio Virginis, dettaglio dell’affresco della Dormitio Virginis, XIV-XV secolo, Terni, Chiesa di S. Pietro)