Il lungo brano dal Vangelo di Marco, che la liturgia ci offre in questa XXVIII domenica dell’anno B, ha una chiave che permette di entrare nel brano per trovare nutrimento per la nostra vita: “Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse…” (Mc 10,21).
Questo sguardo è ciò che permette di passare da un sincero desiderio di compimento che abita ognuno di noi e per il quale facciamo anche tante cose buone, con entusiasmo e dedizione, a una novità di vita totalmente coinvolta nella sequela del Signore.
Questo tale – che nel vangelo di Marco rimane anonimo – è un uomo sinceramente abitato da questa domanda che presenta a Gesù: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?”. È un uomo che porta in cuore un desiderio di pienezza e che sa che in Gesù può trovare la risposta.
E la strada che gli offre Gesù è prima di tutto uno sguardo, uno sguardo d’amore, un incontro che avviene nella sua interiorità, al cuore della sua vita.
Quante volte andiamo a Gesù nella preghiera, con le nostre domande, con i nostri desideri più profondi e veri e ci sembra che egli non risponda “a tono”… ma forse non ci soffermiamo a lasciare che il suo sguardo d’amore, di stima, di benevolenza si posi su di noi, perchè questa è sempre la prima risposta che lui ci offre: “Non temere tu sei prezioso ai miei occhi, sei degno di stima e io ti amo!” (cf. Is 43,4).
- Un primo spunto potrebbe essere proprio questo: iniziare la nostra preghera lasciando uno spazio di tempo, anche breve per lasciarci guardare così da Gesù, semplicemente godendo di questo amore.
Poi Gesù dà a questo tale anche una Parola per metterlo in cammino, per dargli un’indicazione che orienti la sua vita verso il compimento del suo desiderio: “Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!”. Dalla forza di questo sguardo può scaturire per lui la possibilità di una vita nuova, non basata sul “fare cose per”, ma sul lasciare le proprie sicurezze per entrare in una relazione profonda di fede e di amore con Dio.
Ecco: Gesù ha dato a quel tale una risposta che contiene in sè anche la forza per compiere ciò che gli ha proposto… ma Gesù si ferma lì, davanti alla libertà dell’uomo di rispondere o meno alla sua offerta d’amore e di vita e di affidarsi totalmente a lui.
- Un secondo spunto per la nostra vita: nella nostra preghiera dopo avere gustato lo sguardo di Gesù, leggere il brano del Vangelo e chiedere a lui la grazia di non confidare più nelle nostre sicurezze, ma di fidarci della sua Parola, di fare il salto della fede per appoggiarci completamente alla fedeltà di Dio.
L’uomo di cui ci ha parlato oggi il vangelo, però, di fronte alla risposta di Gesù non è riuscito a fare il salto dell’abbandono fiducioso e la tristezza ha riepito il suo cuore e ha oscurato il suo volto. I molti beni da lui posseduti gli avevano impedito di seguire il Sommo Bene.
E anche i discepoli presenti alla scena si sentono interpellati dallo stesso sguardo di Gesù: chi può essere così libero interiormente da riuscire a compiere questo salto? Nessuno. Gesù sa che l’uomo da se stesso non può salvarsi, solo l’intervento onnipotente di Dio può liberare l’uomo dalla schiavitù della ricchezza (non solo quella relativa ai beni terreni), ma Dio può intervenire solo in chi ha sperimentato la povertà che abita il suo cuore, la mancanza di una pienezza che nulla di terreno può colmare e perciò può affidare il primo passo di libertà a quello sguardo di Gesù posato sulla sua vita.
- Un ultimo spunto: nella nostra preghiera dopo aver chiesto a Gesù di rendere libero il nostro cuore per compiere il salto della fede, chiederci concretamente da cosa è occupato il nostro cuore, dov’è la radice delle nostre tristezze, e da cosa oggi Gesù ci chiede di liberarci per sperimentare fin d’ora il centuplo, per sperimentare la vera gioia che nulla potrà mai toglierci.