XXIII domenica anno B

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Il Vangelo di questa domenica ci parla della guarigione di un sordomuto. Un racconto scarno ed essenziale come è lo stile proprio dell’evangelista Marco, eppure denso di contenuto salvifico per l’itinerario cristiano. La guarigione avviene in una località pagana; Gesù la compie attraverso dei gesti descritti in modo molto minuzioso; Marco riporta il termine aramaico “effatà” (che significa”apriti”); infine c’è lo stupore della folla che esclama: “Ha fatto bene ogni cosa”. Queste sono soltanto alcune sottolineature che avvisano il lettore di non leggere superficialmente il brano.

Gesù, dunque, si trova in territorio pagano, ai confini della Terra Santa. Nel brano che precede, egli ha visto come anche i pagani siano pronti a ricevere l’annuncio della salvezza e la sua opera risanantrice: quella fede incrollabile e insistente della donna cananea che pur di ottenere la guarigione della figlia si espone anche a essere, in un primo tempo, rifiutata da Gesù (Mc 7,24-30). E se prima aveva posto resistenze, qui di fronte al sordomuto, egli si rende disponibile. Lo prende in disparte, che nel Vangelo è quasi un termine tecnico che indica entrare in intimità, e compie su di lui alcuni gesti che vanno al di là dell’imposizione delle mani: “gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua”. Sono gesti che dicono della volontà di Gesù di raggiungere l’uomo – e ogni uomo – nel suo male, per sbloccare i canali della comunicazione ostruiti dal peccato e restituirlo alla relazione, prima di tutto con Dio e poi con i fratelli. Sono gesti che parlano di una ri-creazione dell’uomo e della volontà di Dio in Gesù di sporcarsi le mani in quest’opera.

E dopo aver creato un contatto fisico con l’uomo chiuso nella sua incapacità comunicativa, Gesù alza gli occhi al cielo, entra in preghiera e dal profondo emette un sospiro, ma sarebbe meglio tradurre gemito, perchè è il gemito dello Spirito che prega il Padre dentro di lui (cf. Rm 8,23.26), e dice “Effatà!”“apriti!”. Questo è il vero e proprio centro di tutto il brano, dove il comando apriti è al singolare, a dire che è tutto l’uomo che è chiamato ad aprirsi, perchè la Parola di Gesù infranga la barriera della sordità e del mutismo e l’uomo si apra finalmente all’ascolto, all’obbedienza, alla professione di fede e alla lode.

Grazie a questa Parola efficace di Gesù, all’uomo si sciolgono i lacci che lo tenevano schiavo, le orecchie di nuovo tornano a udire e la bocca torna a parlare, di nuovo è rimesso in relazione con ciò che è fuori di lui ed è riabilitato alla possibilità di accogliere l’amore e di poter amare a sua volta.

L’esclamazione che conclude il brano richiama quasi il primo capitolo di Genesi dove di fronte all’opera creativa di Dio si sente il compiacimento che fa da sfondo a ogni giorno: “E Dio vide che era cosa buona/bella”. Qui sono gli astanti che esclamano e diventano annunciatori: “Ha fatto bene/bella ogni cosa!”.

Questa è la scoperta che cambia la vita: Dio fa bella ogni cosa.

Ogni cosa che esce dalle sue mani ha in sè una positività intrinseca che non viene mai meno, neppure nelle situazioni più difficili, più dolorose, a volte incomprensibili.

In questa domenica la Chiesa ci vuole portare attraverso un cammino di fede, di esperienza della potenza di Dio in noi, ad aprirci e ad affidarci a Gesù, per poter vedere e annunciare che tutto nella nostra vita è segnato dalla grazia, dalla bontà e dalla bellezza del Padre.

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