22 agosto 2021 – XXI domenica del Tempo Ordinario B
Di che è mancanza questa mancanza,
cuore,
che a un tratto ne sei pieno?
di che? Rotta la diga
t’inonda e ti sommerge
la piena della tua indigenza…
Viene,
forse viene,
da oltre te
un richiamo
che ora perché agonizzi non ascolti.
Ma c’è, ne custodisce forza e canto
la musica perpetua… ritornerà.
Sii calmo.
Mario Luzi
Una poesia del poeta fiorentino Mario Luzi ci introduce nella riflessione di questa XXI domenica del tempo ordinario.
Mancanza. Una mancanza che, paradossalmente, riempie il cuore. Un cuore che si scopre, così, pieno di un vuoto, riempito da una mancanza. Quasi a dire che tutto ciò che entra nel cuore, non può minimamente colmarlo, soddisfarlo, “farlo sazio”. E non è forse proprio questa la nostra esperienza? Le gioie più belle, più grandi, che sembrano appagare il desiderio, hanno sempre una durata. Poi la percezione del vuoto, di uno spazio non riempito torna a farsi sentire, acuta, dolorosa.
Il cuore dell’uomo è sempre lo stesso. Passano i secoli, la civiltà muta, il mondo tecnologizzato può dare l’illusione di essere diventati potenti… ma la mancanza che riempie il cuore rimane. Intatta. Se leggiamo i Salmi, composti più di duemila anni fa, troviamo uno specchio del nostro cuore: la ricerca, l’anelito, le domande, le suppliche, il grido, la gioia… Ci rimandano la nostra immagine, il nostro volto. No, il cuore non cambia, perché porta il sigillo del suo Creatore, e ogni bambino che nasce in questo mondo ha in sé una mancanza che lo riempie.
“Ci hai fatti per te, o Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te” (S. Agostino).
Una domanda bruciante, che chiede di essere ascoltata non narcotizzata o illusa. Accolta, riconosciuta, ascoltata fino in fondo, perché è lei a indicare la direzione giusta da seguire: ha in sé la capacità di riconoscere la verità verso cui è attratta, di orientare verso il compimento che la disseta, la sazia, la riempie di senso.
Soltanto che spesso, purtroppo molto spesso, siamo distratti (dal latino distractus, da distrahere, tirare qua e là, in varie direzioni), strappati a noi stessi, alla nostra interiorità, non abbiamo un contatto reale con il nostro cuore, non lo ascoltiamo. Spesso, incontrando giovani, ci sorprendiamo proprio di questa distanza da sé, da quel luogo così vicino e, contemporaneamente il più lontano che è il proprio cuore. Sconosciuto a se stessi. E la mancanza che ci riempie assume, allora, altre tinte, riceve altri nomi… E cerchiamo di saziarla con altri cibi, che la lasciano solo più affamata.
È a questa mancanza che si rivolge Gesù, al nostro cuore nella sua verità più profonda. Non offre un cibo qualsiasi, ma offre se stesso. Alla nostra attesa, al nostro vuoto, alle nostre domande offre se stesso, si dà in dono, senza misura e senza calcolo.
«Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».: è la risposta di chi ha patito la sete ardente e ha trovato la sola sorgente in grado di dissetare, di chi ha cercato, ha ascoltato altre parole, ha seguito altri maestri, ma nessuno ha parlato al suo cuore, l’ha fatto palpitare, gli ha ridato vita come il Signore. Nessuno lo può fare. È l’affermazione di chi stava affogando nel mare della vita e ha trovato l’approdo sicuro che, insperato, l’ha tratto in salvo ridandogli la vita.
«Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio»: sono le parole della libertà, di chi non ha più paura dell’uomo, del suo falso potere, delle illusioni che vengono offerte come oro puro. Chi ha questa certezza nel cuore, chi ha davvero incontrato il Signore, non teme più nulla: ha trovato il solo che ha in sé la vita eterna, la vita piena, la vita colma di bellezza e di senso anche nei suoi momenti più difficili, e non lo abbandona.
«Volete andarvene anche voi?» No, Signore, non vogliamo andarcene. Vogliamo restare con te, sempre.
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Clarisse Monteluce S. Erminio