La Speranza: tesoro di chi è povero

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Non vorrei scrivere un articolo sulla speranza, ma semplicemente parlarne con te, con te che leggi. Ho bisogno, infatti, di pensare a te, a te con la tua storia e con il tuo volto, a te con cui, anche se mai d siamo visti, sto vivendo la misteriosa e stupenda avventura della vita. Mi dirai: ma non mi conosci. Hai ragione; ma quello che so di sicuro è che sei una persona viva. Viva, cioè, nel desiderio di una pienezza forse a volte avvertita solo confusamente, vìva nel desiderio grande di una Verità, di un’autenticità, di un Amore che troppe vol­te hai forse visto deluso, frustrato, ingannato.

Ed è qui, dove tu sei vivo e dove io pure sono viva, che vorrei incontrarti, che vorrei fare di questo momento almeno un tentativo di incontro, un piccolo, povero dono di me.

Riflettevo nei giorni passati sul miracolo della speranza grande che sem­pre più mi cresce in cuore e che accompagna le mie giornate, una speranza che non ho potuto costruire con le mie mani, nè inventarmi con la mia intelligen­za, ma che è nata come un piccolo fiore in mezzo al cammino a volte piano, a volte faticoso della vita. Quello che so di te e di me, è che la nostra vita è stata voluta, amata, pensata da sempre, creata; che la storia che stiamo vivendo non è a caso, che la nostra vita ha un Padre; che questo Padre ama tanto la tua e la mia vita da non permettere che qualcosa o qualcuno la tocchi in modo da farne un male definitivo, ma tutto è talmente tanto nelle Sue mani da esse­re già, se noi lo vogliamo, salvato, Grazia.

Te lo dico per esperienza, per quello che ho vissuto e che vivo, per quello che ogni giorno mi fa guardare a Lui con immensa riconoscenza… Sì, perché la nostra vita non è più sola! Il Signore si è fatto nostro Fratello.

Ti accorgi, all’improvviso, con un dolore profondo o un grande senso di angoscia, che è tanto difficile non solo vivere, non solo creare un rapporto vero e autentico con chi ti sta intorno, ma anche con te stesso. E ti accorgi anche quanto ti è difficile perdonare a te stesso di non essere come vorresti o come ti sembra di dover essere. Di non riuscire a perdonare a te stesso la tua mancan­za di pace, di serenità, le tue ansie. E forse arrivi anche a non perdonarti più di vivere. Per me è stato così. Non mi piacevo più ed ero quindi convinta che in questo modo non sarei mai potuta piacere nemmeno al Signore.

Ma poi, nel silenzio di quella solitudine tante volte angosciosa, ho avver­tito che il Signore, Colui che da sempre mi aveva pensato e che ha “scritto il mio nome sulle palme delle sue mani” (Is. 49,16) e che quindi non era sem­plicemente un Dio lontano e impersonale, non mi guardava affatto come mi vedevo io: non mi guardava per quell’ammasso di fragilità, desideri, ansie, di­fetti che ero, ma per tutta la storia che Lui desiderava fare con me e che è certa­mente una Storia di Salvezza e di Amore, per la quale veramente tutto è Grazia.

Prova a immaginarti in che modo il Signore guardava san Francesco: io penso che lo guardava con una gioia grande, anche quando era ancora tutt’al­tro che santo; perché già vedeva in lui come il germe della santità posto nel suo cuore sarebbe arrivato alla pienezza. Ma ti rendi conto che il seme della santità è posto nel cuore di ciascuno di noi? La Chiesa lo dice chiaramente: la vocazione comune di tutti gli uomini è la santità (Lumen Gentium).

Non ci sono due santità uguali, quindi non ci saranno due san Francesco, ma nel cuore dì ciascuno dì noi c’è un seme meraviglioso di santità, che è la storia intima tra Dio e me, tra Dio e te. E in tutti Ì modi il Signore ci richiama a Sè, ci guida, vuole far crescere in noi questo seme, che è il seme della vera pie­nezza, della Libertà suprema dell’Amore, della Gioia pura, di cui tutti abbia­mo una fame immensa. Pensa che bello essere guardato non tanto e non solo per quello che ti sembra di essere adesso, ma per quello che il Signore ti ha già preparato e che sarà il tuo volto definitivo, il tuo nome, quello che ti costi­tuisce. E quello che veramente potrai donare agli altri, l’unica cosa vera che di te stesso puoi dare.

Incontrando il Signore in questo modo, come Colui, cioè, che mi guarda per quella bellezza nascosta e ancora non fiorita che porto nel cuore, che mi vede già nella pienezza a cui mi vuole condurre, ho sperimentato il Perdono. E ora, poco a poco, imparo a mia volta a perdonare, a non fermarmi, cioè, ai limiti di chi mi sta intorno, a quello che vedo esternamente, ma a guardare con stupore grande a quel seme posto nei cuore del mio fratello, e che lo rende fin da ora un capolavoro di Misericordia e di Bontà. Capisci come da questa esperienza, all’improvviso, come un dono grande e gratuito, ti nasce dentro la speranza? Speranza, perché la vita mia e di tutti gli uomini è nelle mani di un Padre grande, che non ha esitato a donarci Suo Figlio perché, per amore nostro, si rinchiudesse in un piccolo, fragile corpo uma­no e versasse il Suo Sangue per noi, non lasciando più che la morte avesse l’ul­tima parola. Speranza, perché in tutto quello che ci circonda, in particolare negli uomini che ci vivono accanto, respira e pulsa il germe di un grande Mi- stero che va ben oltre la morte, la paura, la solitudine, il vuoto, e perfino oltre la cattiveria, l’egoismo, la violenza. Speranza, perché finalmente il cuore non guarda più solo, angosciato, alla realtà che lo circonda, così come appare allo sguardo, ma si spinge oltre nella fede, alla Comunione stupenda alla quale sia­mo chiamati e della quale tutti sentiamo un bisogno vitale; infatti, se non ci sentissimo chiamati nel più profondo del nostro essere, alla Comunione, all’A­more più intimo che rende tutto UNO, non ci sarebbe nessun motivo per sof­frire così spesso di solitudine.

È la speranza che chiedo per te, per me, per ciascuno di noi. Questa spe­ranza dolce che rende “soave il giogo e leggero il carico” (Ma 11,30), come dice il Signore, invitandoci^ seguirlo. E prego perché il Signore voglia fare di ciascuno di noi testimoni di speranza per tutti i fratelli, segni del Mistero eterno che crea e sorregge ogni vita, Mistero che è Gioia senza fine.

Ti lascio con questo augurio: lasciati amare, proprio così come sei, e guardati, come Lui ti guarda, con la stessa tenerezza e compassione! Che tu possa, e io con te, e tutti insieme, fere veramente esperienza della Fonte di ogni Amore, di ogni Bontà, di ogni Bellezza, del Sommo Bene!

sr. Monica Benedetta Umiker – Clarisse Monteluce S. Erminio

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