XXXII Domenica del Tempo Ordinario anno A
In un tempo in cui, nuovamente, ci sentiamo avvolgere dal buio della pandemia, di una situazione che non ha ancora una reale via di soluzione, la Parola di Dio ci raggiunge invitandoci a non vivere come chi non ha speranza: “non siate tristi come gli altri che non hanno speranza”. Sono parole tratte dalla seconda lettura, la Prima Lettera ai Tessalonicesi (1Tes 4,13-18), che già abbiamo incontrato nelle domeniche scorse. Una Parola particolarmente significativa non solo per quanto stiamo affrontando a causa del covid, ma anche per il tempo dell’anno in cui ci troviamo, nel quale sempre la Chiesa ci apre l’orizzonte della meta del nostro cammino, che non si ferma a questa vita ma si tuffa in quella vera e definitiva nel Regno di Dio.
Riaffermare la fede
La morte, porta di ingresso all’eternità, ci spaventa. La vediamo intorno a noi nella pandemia che sta mietendo tante vittime, e che forse ha coinvolto anche la nostra esistenza, la temiamo per noi stessi, per i nostri cari, non riusciamo a sentirla sorella, come invece la cantava San Francesco. Desideriamo di più, ciò che questa vita ci offre non ci basta, eppure abbiamo paura. È il cammino del cuore dell’uomo di ogni tempo, e Paolo ci conforta come già confortava i Tessalonicesi, che temevano per quanti erano morti e non avrebbero potuto incontrare il Signore nel suo ritorno. Pensavano che il tempo del ritorno di Cristo fosse vicino, ed erano preoccupati per quanti, già morti, non potevano essere presenti, credendo che questo avrebbe precluso loro la possibilità di essere salvati.. Lo stesso Paolo, conquistato da Cristo, attendeva un ritorno nella sua generazione. Si renderà poi conto che i Suoi tempi non sono i nostri e che le vie provvidenziali della storia di Dio sono immensamente più ampie. Ma al momento della lettera si trova di fronte alla tristezza dei Tessalonicesi e che sembra generare in loro la disperazione, li porta ad essere come “gli altri che non hanno speranza”. Chi sono questi “altri”? Lo comprendiamo leggendo il v. 5 dello stesso capitolo 4: i pagani, coloro che non hanno incontrato Cristo, che non credono in Lui. Paolo si accorge che, pur raggiunti dal Vangelo, i cristiani di Tessalonica rischiano di tornare indietro, di perdere la forza della speranza che nasce proprio dall’incontro con Cristo. Un indebolimento della loro fede, della sua capacità di incidere nella realtà, nello sguardo sulla vita: quanto è alto questo rischio! Professarsi credenti, ma vivere come se non si avesse fede. E la morte è una potente cartina tornasole, capace di smascherare la solidità della nostra fede.
Paolo ricorda alla comunità di Tessalonica il cuore della fede cristiana: credere nella morte e risurrezione di Cristo. Questa è la nostra fede: non crediamo solo nella vittoria della vita, ma che Cristo ha vinto la morte e ha fatto trionfare la vita, e in questa vita Lui stesso condurrà tutti noi, ciascuno di noi, nessuno escluso. Per chi è stato innestato in Cristo con il Battesimo la morte è lasciata alle spalle. Il battesimo, che ci ha sepolti nella Sua morte per farci risorgere con Lui, è già la vittoria della Sua vita nella nostra carne.
Essere reciproco conforto
Ma noi viviamo davvero così? Davvero la nostra fede è così salda, magari piccola ma forte, robusta da saper affrontare le sfide della vita con la speranza sempre viva nel cuore? Con la certezza che la morte, ogni forma di morte non ha più potere su di noi?
Paolo, allora come oggi, sa bene che la fede vacilla di fronte al dolore, e per richiamare i Tessalonicesi alla verità non usa toni forti, ma l’esortazione paterna al vicendevole aiuto. Essere, gli uni per gli altri, conforto, memoria viva, sostegno. La forza della comunione è importantissima nella vita cristiana, perché la fede non si vive da soli, isolati. Certo, è vero che è una scelta personale e che il rapporto con il Signore è personale, ma non individuale. Noi siamo un corpo, una comunione profonda ci rende compagni di cammino, della stessa famiglia. Abbiamo già visto quanto è importante, per Paolo, diventare specchio per gli altri e specchiarsi a sua volta nel volto dei fratelli. La Chiesa non è un’associazione, ma una famiglia, una comunità, è comunione con e in Cristo. È importante crescere in questa consapevolezza: non siamo soli, mai. Dobbiamo imparare a vivere la comunione, certamente, ma questa è innanzitutto un dono che ci viene fatto nel battesimo, nel momento in cui siamo immersi in quel grembo fecondo che è il battistero, è il grembo è quello della Chiesa, madre di tutti noi. Sentirci comunità, sentirci in comunione: questo dà forza alla nostra fede, e a questo Paolo esorta i cristiani di Tessalonica.
Vigilanti
La fede, la comunione, sono elementi fondamentali che il Signore ci offre per vivere il tempo della vita nella vigilanza attenta e amorosa di Lui, che porterà a pieno compimento quanto il nostro cuore più desidera. È quanto emerge anche dalla pagina del Vangelo, in cui le vergini sagge sono accomunate da un atteggiamento di prontezza nell’attendere lo sposo, e le stolte, invece, di indolenza. Entrambe si addormentano, ma le sagge avevano preparato tutto il necessario per farsi riconoscere dallo Sposo. Le stolte, invece, non hanno preparato l’olio per l’attesa, e si sono semplicemente addormentate. Alla venuta dello Sposo, non erano pronte per l’incontro.
La nostra fede, come la luce di queste lampade, ha bisogno di essere alimentata, di essere mantenuta viva affinché possa illuminare durante l’attesa dell’incontro, che è il tempo della vita, ed essere accesa per l’incontro con il Signore, l’incontro con lo Sposo. Per non spegnersi, ha bisogno di essere alimentata dalla Sua Parola, saldo fondamento all’esistenza. Il nostro cuore ha bisogno di questa Parola, non delle tante altre parole che svaniscono nel vento e non hanno solidità. Una Parola che diventa vita, che diventa amore concreto, che diventa carità in azione, comunione.
La ricca liturgia di questa domenica ci aiuti ad essere sentinelle di speranza, a vivere il tempo difficile che stiamo attraversando, a diventare parola di amore per gli altri, a trovare vie di comunione, a sostenerci nel cammino della vita ravvivando reciprocamente il dono della fede, la luce che illumina la nostra esistenza, nella certezza di essere in cammino verso una festa nuziale, verso l’incontro con lo Sposo.