Esempio e specchio

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XXX Domenica del Tempo Ordinario anno A

Nella XXX domenica del Tempo ordinario abbiamo, nella seconda lettura, la continuazione della Lettera ai Tessalonicesi, iniziata la scorsa settimana. Una Lettera, come abbiamo visto, particolarmente cara ai cristiani, essendo il primo scritto del Nuovo Testamento, la prima traduzione scritta della novità del Vangelo. Fede operosa, carità che sa stare nella fatica, speranza che sostiene: tratti che Paolo evidenzia della Chiesa di Tessalonica, e che sono per noi chiarificatori del cammino della vita. Un cammino talvolta tortuoso, faticoso, ma per il quale il Signore ci fornisce tutto l’equipaggiamento perché lo viviamo dentro il senso e l’orizzonte infinito del Suo amore.

Il Vangelo ha raggiunto i tessalonicesi attraverso l’annuncio e la testimonianza di Paolo e dei suoi collaboratori, e ora sono loro stessi a diventare annunciatori e missionari della Parola. È il metodo della Chiesa: la testimonianza, una diffusione attraverso le relazioni, gli incontri, attraverso le persone. Una Parola viva che entra nella vita attraverso la vita, si trasmette di volto in volto. Metodo della Chiesa, perché metodo scelto innanzitutto da Dio per farsi conoscere. È una Parola che risuona nella creazione, corre attraverso le Sue opere:

Sl 19, 2-5

I cieli narrano la gloria di Dio,
l’opera delle sue mani annuncia il firmamento.
Il giorno al giorno ne affida il racconto
e la notte alla notte ne trasmette notizia.

Senza linguaggio, senza parole,
senza che si oda la loro voce,
per tutta la terra si diffonde il loro annuncio
e ai confini del mondo il loro messaggio.

E si affida agli uomini:

Is 52,7

Come sono belli sui monti
i piedi del messaggero che annuncia la pace,
del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza,
che dice a Sion: «Regna il tuo Dio».

Così Dio ha scelto di manifestare il suo amore: attraverso di noi, di incontro in incontro, di parola in parola, di volto in volto, una trasmissione che ha attraversato la storia, e dai primi discepoli di Gesù è giunto fino a noi.

1Gv 1,1-3

Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita – la vita infatti si manifestò, noi l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi –, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo.

Il metodo della Chiesa è questo, e qui si radica la missione, la necessità di diventare testimoni, annunciatori della vita nuova in Cristo, non di un modo esteriore di vivere, ma del rinnovamento profondo del cuore umano, che si apre alla luce vera, quella sola che può farci definitivamente uscire dalle tenebre che sempre vogliono sopraffarci.

I cristiani della Chiesa di Tessalonica hanno imitato l’esempio di Paolo e del Signore e a loro volta sono diventati modello, con la testimonianza della loro fede hanno potuto lasciare un segno profondo nella vita di altri.

In realtà, attraverso l’apertura all’annuncio è stata la Parola a cambiare la loro vita: …”avendo accolto la Parola in mezzo a grandi prove, con la gioia dello Spirito Santo”. Ritorna un’altra costante del “metodo di Dio”: il mistero pasquale. L’incontro con il Signore che li ha riempiti di gioia, è stato segnato da “grandi prove”. La gioia nella tribolazione è uno dei segni più evidenti dell’opera della grazia, della presenza dello Spirito, dell’amore che “vale più della vita” (Sl 62).

Quanto è vero questo nella vita dei santi! Ci stiamo avvicinando alla solennità di Tutti i Santi, persone come noi che hanno “semplicemente” dato carta bianca al Signore, collaborato con la sua grazia, nella vita di ogni giorno, ciascuno nella sua vocazione: consacrati, sacerdoti, mamme e papà di famiglia, giovani e anche bambini. Abbiamo recentemente assistito alla beatificazione di Carlo Acutis, un ragazzo dei nostri giorni, che sta diventando sempre più modello per tanti in tutto il mondo, e ha portato con il sorriso sulle labbra la sofferenza della sua malattia.

È anche l’esperienza della nostra Madre S. Chiara, che nel suo Testamento afferma:

Poi Francesco, osservando attentamente che, pur essendo deboli e fragili nel corpo, non ricusavamo nessuna indigenza, povertà, fatica, tribolazione, o ignominia e disprezzo del mondo, anzi, al contrario, li ritenevamo grandi delizie sull’esempio dei santi e dei suoi fratelli, avendoci esaminato frequentemente, molto se ne rallegrò nel Signore.

È dal modo in cui Chiara e le sue compagne vivono la tribolazione, l’incertezza degli inizi, le conseguenze sociali e familiari della loro scelta che Francesco riconosce la presenza di Dio all’opera nella loro vita.

Sempre nel Testamento, Chiara inserisce le sue sorelle in quel processo di trasmissione della fede attraverso la testimonianza che abbiamo visto nella Lettera ai Tessalonicesi:

Il Signore stesso infatti ci collocò come forma, in esempio e specchio non solo per gli altri uomini, ma anche per le nostre sorelle, che il Signore chiamerà alla nostra vocazione, affinché esse pure siano specchio ed esempio a quanti vivono nel mondo. Avendoci dunque chiamate il Signore a cose tanto grandi, che in noi si possano specchiare quelle che sono esempio e specchio per gli altri, siamo tenute a benedire molto e a loda- re Dio, e a fortificarci ancor più a operare il bene nel Signore. Perciò, se avremo vissuto secondo la suddetta forma, lasceremo agli altri un nobile esempio e con una fatica di brevissima durata ci guadagneremo il premio della beatitudine eterna.

Il Signore ci doni, in questa settimana, la grazia di essere esempio e specchio per quanti ci vivono accanto, e di saperci anche noi specchiare nella testimonianza luminosa e bellissima dei santi.

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