XXIX Domenica del Tempo Ordinario anno A
La liturgia della XXIX domenica del tempo ordinario dell’anno A ci introduce alla lettura della Prima Lettera ai Tessalonicesi di S. Paolo. È un testo particolarmente caro alla Chiesa, perché è il primo testo scritto del Nuovo Testamento. Esistevano già raccolte di detti del Signore, scritti diversi che confluiranno nei Vangeli, ma non un testo composito, strutturato. La prima Lettera ai Tessalonicesi è la porta che ci introduce nella letteratura neotestamentaria, testimonianza dell’impatto dell’annuncio cristiano nella vita della gente, della diffusione della Buona notizia, dei primi passi della Chiesa che sta nascendo, crescendo, si sta diffondendo, dell’opera missionaria dei credenti e di Paolo. Possiamo, allora, avvicinarci al suo testo come tenendo tra le mani un reperto preziosissimo, una reliquia di famiglia, l’inizio di un’avventura che ha attraversato i secoli per giungere a noi.
Cenni storici
Paolo ha scritto la lettera da Corinto, durante il suo secondo viaggio. Siamo intorno al 49/50 d.C. e l’evento centrale di tale viaggio è l’ingresso in Europa. Passando attraverso Filippi, giunge a Tessalonica, dove si ferma circa tre settimane, poi l’insorgere di alcune difficoltà lo costringe a ripartire e giunge ad Atene, dove annuncia il Vangelo nell’Areopago, con un discorso bellissimo ma che si rivela un fallimento. Da Atene raggiunge Corinto, da solo. Paolo non sa più nulla della Chiesa di Tessalonica, come i cristiani stiano vivendo la loro adesione alla fede, ed è preoccupato. Le tensioni che si erano create a causa dei giudei potrebbero aver scoraggiato i cristiani, lui vorrebbe informazioni della piccola Chiesa lì sorta, e quando arriva Timoteo, lo invia a Tessalonica per avere notizie. Al ritorno di Timoteo, Paolo compone la prima lettera, quando insieme a lui ci sono anche Silvano (Negli Atti degli Apostoli è chiamato “Sila”) e, appunto, Timoteo, come si desume dal saluto iniziale.
La prima parte della lettera (capitoli 1-3) è caratterizzata dal tono di ringraziamento, e la seconda da quello esortativo, parenetico, di incoraggiamento. La presenza cristiana a Tessalonica è viva, resiste nelle difficoltà, la Chiesa che è stata impiantata sta crescendo, la Parola si diffonde.
Lettura del testo
“Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere…” v. 2
Il ricordo di questi fratelli e sorelle diventa, in Paolo, eucaristia, rendimento di grazie al Padre. Nelle difficoltà che l’apostolo vive per il vangelo c’è questa immensa consolazione: i semi gettati in questa città stanno diventando Chiesa, vita cristiana ed evangelica, perché c’è chi li ha accolti e rimane fedele anche nella prova. Un ricordo che ricolma Paolo di gratitudine; nella difficoltà che sta vivendo, ricordare i cristiani di Tessalonica è fonte di consolazione. È bellissimo questo, bellissimo attingere forza dalla Chiesa, dagli altri, dalle persone che il Signore ha fatto incontrare, quando sono riconosciute come dono di Dio.
“tenendo continuamente presenti l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro.” V. 3
Fede, carità, speranza, caratterizzate da operosità, fatica, fermezza.
“… l’operosità della vostra fede”. La fede nella Scrittura è legata alla solidità, denota un fondamento sicuro, affidabile, su cui è possibile costruire in modo solido, stabile, che non viene meno, e sorregge in ogni difficoltà. Questa fede, dice Paolo, è operosa, è in movimento, attiva. È una fede in azione, non statica, non un atteggiamento di resa di fronte alla vita e agli avvenimenti, piuttosto indica un’attività, un movimento, un’opera creativa: “Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto…” (Gen 2,2), dove “lavoro” è lo stesso termine che utilizza Paolo per caratterizzare la fede.
“…la fatica della vostra carità”, la fatica dell’amore. Questa è la forza della vita cristiana: un amore che sa resistere, sa affrontare le difficoltà, fatica – appunto – per rimanere fedele, non si lascia abbattere. Un amore che sa che la strada per giungere al suo pieno compimento non è un sentiero piano, privo di ostacoli, ma una strada tortuosa, perché il nostro cuore deve imparare ad amare come Gesù, e per questo deve fare un lungo cammino, il cammino della vita. Una carità segnata dalla fatica anche quando si esprime nel servizio fraterno, sia che avvenga nella famiglia, sia che avvenga negli altri ambiti dell’esistenza.
“…la fermezza della vostra speranza”: la parola tradotta con fermezza significa letteralmente stare sotto. È la capacità di stare sotto un carico, portare un peso. Sembra il contrario della speranza, che invece lancia in avanti ridando leggerezza al cuore. Invece è una speranza che, per lanciare in avanti, ha bisogno di saper sopportare, portare, caricarsi, rimanere sotto i pesi della vita. È la speranza di chi non si fa abbattere dalle delusioni, dalle apparenti smentite, non fugge, ma rimane.
Fede, carità e speranza non sono fondate su capacità umane, ma in Cristo Gesù, che rende possibile l’impossibile, e in Dio Padre nostro. È Lui che permette a Paolo di riconoscere i cristiani di Tessalonica come fratelli, riconoscendo che la novità del Vangelo che ha investito con la potenza dello Spirito la vita di Paolo e dei Tessalonicesi, ha immesso un dinamismo nuovo nella storia del mondo. Non è solo l’azione umana, la parola di Paolo e dei suoi collaboratori che opera, ma è l’azione di Dio, che per amore sceglie, chiama, elegge ciascuno a far parte del suo popolo, a entrare nel suo Regno.
Un breve brano, ma ricco, denso di vita per ciascuno di noi, che stiamo vivendo in questo tempo difficile. Nella comunione della Chiesa, possiamo attingere luce dalla vita della comunità cristiana della Chiesa di Tessalonica, imparare a vivere nella fede la storia di oggi.
Fede operosa, fatica dell’amore, una speranza che sa rimanere: quanto sono importanti oggi, per vivere anche la pandemia e le sue conseguenze nella potenza dello Spirito, che non viene a spazzare le difficoltà, a eliminare gli ostacoli, ma a trasformarli in opportunità perché possiamo rispondere e corrispondere sempre di più all’opera di Dio nella nostra vita.