Francesco e il Perdono

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Porziuncola - interno

Domenica 2 agosto è la solennità di S. Maria degli Angeli alla Porziuncola, E’ la festa della misericordia, del perdono che Francesco ha chiesto e ottenuto perchè tutti voleva in Paradiso. 

Viviamo questa bellissima festa, nella gratitudine per l’amore che sempre rinnova la nostra vita.

Ringraziamo P. Cesare Vaiani, ofm, figlio e studioso di S. Francesco, per averci permesso di pubblicare questo suo scritto inedito dal titolo “Francesco e il Perdono”.

Si possono proporre molte considerazioni sulla festa del Perdono d’Assisi; tra le altre, si può notare che essa è una grande manifestazione della volontà di Francesco di essere ambasciatore della riconciliazione con Dio. Egli vuole abbracciare il mondo intero e addirittura tutto il creato nel perdono e nella riconciliazione con Dio.    

Questo desiderio profondo di Francesco è espresso con efficacia nelle parole che ben conosciamo e che egli pronunciò in occasione della prima celebrazione del perdono, alla Porziuncola: “Vi voglio mandare tutti in paradiso!”.

È questo desiderio di bene e di universale misericordia che sta alla base di questa festa che celebriamo ogni anno. È questa volontà di “mandarci tutti in paradiso” che ha spinto Francesco a volere quella sovrabbondanza di perdono e di misericordia che si esprime nella pratica dell’indulgenza plenaria: una misericordia piena e sovrabbondante, che cancella ogni traccia di male in noi e ci rende nuovi, più capaci di seguire il Signore e di offrire misericordia a tutti.

La misericordia che riceviamo da Dio, infatti, è la sorgente della misericordia che possiamo offrire ai fratelli e alle sorelle che incontriamo sul nostro cammino. Francesco ne è ben consapevole. Se leggiamo i suoi Scritti, ci accorgiamo che egli usa la parola “misericordia” in due sensi: da una parte, la misericordia è un attributo di Dio, quel Dio che è egli stesso misericordia, e dall’altra parte, la misericordia è l’atteggiamento che ha segnato le relazioni di Francesco con il suo prossimo fin dagli inizi, quando egli andò tra i lebbrosi e “fece misericordia” con essi. Come l’amore di Dio e del prossimo sono l’unico grande comandamento di Gesù, così la misericordia di Dio e quella verso il prossimo sono un unico mistero di amore. Francesco lo sa bene: egli fa della propria vita una offerta di misericordia perché è stato toccato in profondità dalla misericordia di Dio.

Francesco ci insegna in molti modi come usare misericordia verso il nostro prossimo. 

Anzitutto attraverso il suo incontro con i lebbrosi, come già ricordato. L’esempio di Francesco ci invita ad andare verso coloro che sono gli emarginati, gli esclusi, come lo erano i lebbrosi al suo tempo. E possiamo chiederci: chi sono i lebbrosi oggi? Chi sono coloro che hanno bisogno di solidarietà perché sono emarginati, nel mio ambiente, nel mio posto di lavoro, nella mia famiglia e nella mia comunità? Qual è l’azione concreta che posso fare? E se tutti noi ci sentiamo piccoli e impotenti di fronte a problemi più grandi di noi, che riguardano le folle di emarginati e di oppressi dei nostri tempi, cerchiamo di associarci ad altre persone e chiediamoci: quali sono le associazioni o i gruppi di persone che si danno da fare per gli emarginati oggi, e cosa posso fare per sostenere tali associazioni o tali gruppi?

Francesco invita prima di tutto i suoi frati ad un atteggiamento di perdono e di misericordia tra di loro, ma non si limita ad esortare i suoi fratelli.

Val la pena di ricordare la preoccupazione e la cura di Francesco e di Chiara perché anche nelle famiglie potesse crescere la pace e la misericordia. Negli antichi racconti delle loro vite ci sono episodi che riguardano il loro intervento per mettere pace in famiglie divise o tra coniugi che non andavano d’accordo.

Tommaso da Celano, primo biografo di san Francesco, racconta che una volta, alle Celle di Cortona, Francesco incontrò una donna che era molto tormentata da un marito crudele. Quella donna chiese a Francesco l’aiuto della preghiera ed egli le rispose: “Va’, figlia benedetta, e sappi che tuo marito in futuro ti sarà di consolazione. Gli dirai da parte di Dio e mia che ora è tempo di salvezza, ma più tardi di giustizia”. E la benedisse. Dopo che la donna riferì a suo marito le parole di Francesco, quell’uomo mutò totalmente il suo atteggiamento e i due vissero una vita serena, fino alla fine; il biografo aggiunge che, dopo molti anni, “passarono beatamente da questa vita nello stesso giorno, uno come olocausto del mattino e l’altro come sacrificio della sera” (2Cel 38: FF 623). L’antico biografo racconta l’episodio con l’intento di dimostrare che Francesco sapeva anche predire il futuro: ma forse è altrettanto significativo il fatto che Francesco aiuti una famiglia in difficoltà e cerchi di riportare pace tra marito e moglie.

Anche santa Chiara era molto attenta alle situazioni familiari, soprattutto di donne che si rivolgevano a lei e le chiedevano preghiere per i propri bambini, che nel bel linguaggio medievale chiamavano “mammoli”, cioè bimbi in età da aver bisogno della mamma. Molte delle guarigioni miracolose operate da Chiara, secondo le testimonianze del Processo di canonizzazione, sono a favore di questi bambini e quindi per la gioia delle loro mamme e delle loro famiglie.

Ma c’è anche un’altra simpatica testimonianza di questa attenzione di Chiara per la pace nelle famiglie, sempre nel Processo di canonizzazione (Proc 16, 4: FF 3119). In questo caso è un cavaliere di Assisi a parlare, messer Ugolino, che racconta la propria storia familiare: egli si era separato da sua moglie da più di ventidue anni ed era fermamente deciso a non ritornare più da lei. Ma finalmente gli fu detto da parte di Chiara che lei sapeva che egli, messere Ugolino, sarebbe tornato a vivere con la moglie e che ne avrebbe anche generato un figlio, del quale si sarebbe molto rallegrato. Nel suo racconto, Messer Ugolino dice che quando ascoltò queste parole, se ne dispiacque; ma dopo alcuni giorni crebbe in lui un tale desiderio di sua moglie che la riaccolse e ritornarono a vivere insieme, dopo così tanto tempo. E da lei, come aveva detto Chiara, ebbe un figlio di cui si rallegrò molto.

È una storia molto bella, il cui esito è una famiglia che si riunisce nuovamente con una concordia e un amore coronati dalla nascita di un figlio: è bello vedere tanta attenzione, da parte di Chiara, a questa dimensione così umana e concreta del rapporto coniugale e della generazione di un figlio. Davvero la santità cristiana non nega nulla della nostra umanità, anzi la esalta e la sostiene nel suo sviluppo più vero.

L’invito di Francesco alla misericordia non resta circoscritto nell’ambito delle relazioni personali, comunitarie o familiari, ma si estende anche alla vita sociale: c’è un altro bell’episodio della vita di san Francesco che ci fa vedere che egli pensa di non poter stare fuori dai conflitti e dalle lotte sociali del suo tempo. Si tratta del famoso episodio avvenuto ad Assisi, quando Francesco riconcilia il Vescovo e il Podestà, che erano entrati in un conflitto che aveva diviso in due partiti tutta la città (Proc 16, 4: FF 3119).

L’antico racconto ci dice che Francesco, che ormai giaceva malato senza potersi muovere, disse ai suoi compagni: «Grande vergogna è per noi, servi di Dio, che il vescovo e il podestà si odino talmente l’un l’altro, e nessuno si prenda pena di rimetterli in pace e concordia». Sono parole che fanno pensare, perché Francesco prova vergogna che nessuno si muova: e quanto si stupirebbe di noi, che di fronte a tante guerre e contrasti in atto nel nostro mondo, ai livelli internazionali come a quelli familiari o sociali, ce ne restiamo troppo tranquilli, senza far nulla!

Francesco fa invitare presso di lui il podestà e il vescovo e chiede ai suoi frati di cantare il Cantico di frate sole, con l’aggiunta di una nuova strofa sul perdono: “Laudato sì, mi Signore, per quelli che perdonano per lo tuo amore”.

Conosciamo tutti la conclusione del racconto: i due contendenti si perdonano ed un abbraccio pubblico e sincero suggella la riconciliazione avvenuta.

È da notare il metodo usato da Francesco. Egli fa cantare una canzone da lui composta: ricordiamo infatti che il Cantico non era semplicemente un testo poetico, ma una vera e propria canzone, di cui Francesco aveva composto sia il testo che la musica. Una canzone, dunque, per fare pace tra due importanti personaggi: che strano modo di procedere!

Eppure, in questo modo, Francesco ci insegna che per superare i conflitti bisogna sollevare lo sguardo un po’ più in alto, senza continuare ad esaminare soltanto l’oggetto del contendere.  Fino a quando continuiamo a riesaminare e riconsiderare le nostre questioni e i nostri litigi, rimarremo fermi lì e probabilmente non riusciremo a venirne fuori; solo con un colpo d’ala, con uno sguardo che si eleva un po’ più in alto, con una canzone che fa risuonare nel cuore i motivi veri per la pace, sarà possibile riconciliarsi. Francesco insegna che il motivo vero per la pace sta più in alto della semplice risoluzione tecnica dei nostri problemi, perché il motivo vero per fare pace ci rimanda alla bellezza della vita riconciliata, al Bene che possiamo gustare solo in pace con gli altri, alla gioia del rapporto libero e sereno con tutti, e ultimamente, per chi crede in Dio, al cuore stesso del Signore, dal quale soltanto può venire la pace.

E dopo questo esempio di Francesco che sente il dovere di intervenire a livello sociale per riportare misericordia e pace, è opportuno segnalare un’ultima e importante direzione che Francesco ci indica, se vogliamo diventare ambasciatori di riconciliazione e di perdono.

Si tratta del suo invito a una pace e riconciliazione che abbraccia anche il cosmo e il creato.

A questo proposito è bene lasciar parlare Papa Francesco, in un passo della sua Enciclica Laudato sì, dedicata alla cura della casa comune. Fin dal titolo questa enciclica ci rimanda a san Francesco, e il Papa spiega perché lo considera un modello ispiratore: egli dice:

  1. Credo che Francesco sia l’esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità. … In lui si riscontra fino a che punto sono inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore.
  2. La sua testimonianza ci mostra anche che l’ecologia integrale richiede apertura verso categorie che trascendono il linguaggio delle scienze esatte o della biologia e ci collegano con l’essenza dell’umano. Così come succede quando ci innamoriamo di una persona, ogni volta che Francesco guardava il sole, la luna, gli animali più piccoli, la sua reazione era cantare, coinvolgendo nella sua lode tutte le altre creature.

… Se noi ci accostiamo alla natura e all’ambiente senza questa apertura allo stupore e alla meraviglia, se non parliamo più il linguaggio della fraternità e della bellezza nella nostra relazione con il mondo, i nostri atteggiamenti saranno quelli del dominatore, del consumatore o del mero sfruttatore delle risorse naturali, incapace di porre un limite ai suoi interessi immediati. Viceversa, se noi ci sentiamo intimamente uniti a tutto ciò che esiste, la sobrietà e la cura scaturiranno in maniera spontanea. La povertà e l’austerità di san Francesco non erano un ascetismo solamente esteriore, ma qualcosa di più radicale: una rinuncia a fare della realtà un mero oggetto di uso e di dominio.

L’espressione usata dal Papa, “ecologia integrale”, è essenziale per cogliere il senso di questa enciclica e anche dell’invito di san Francesco.

Ecologia integrale vuol dire che il rapporto con la natura ha a che fare anche con i rapporti sociali, che se vogliamo guarire il cambiamento climatico dobbiamo rivedere i criteri dell’economia, perché serve uno sguardo globale, che guarda sia alle relazioni economiche e sociali tra gli uomini che a quelle con le risorse naturali e con la creazione. L’impegno per la giustizia e la pace tra gli uomini è essenziale alla salvaguardia dell’integrità del creato: o crescono insieme oppure insieme muoiono!

Anche in questa festa del Perdono Francesco ci invita ad accogliere con fede quella misericordia che da tanti secoli scaturisce dalla piccola chiesa della Porziuncola, come da una sorgente inesauribile.

La sovrabbondante misericordia, di cui l’indulgenza plenaria è un segno, ci raggiunge nel profondo dell’anima e ci trasforma, perché la misericordia possa manifestarsi anche nella nostra vita: e così anche noi, come Francesco, saremo operatori di misericordia verso i lebbrosi del nostro tempo, saremo capaci di costruire pace nelle famiglie in cui viviamo, ci inventeremo nuove canzoni di pace da cantare nel mondo di oggi, per essere strumenti di una giustizia e di una ecologia integrale della quale il nostro mondo ha tanto bisogno.

Che san Francesco ci aiuti in questo cammino di giustizia e di pace e ci faccia capaci di fare come lui, che iniziava ogni suo discorso dicendo: “Il Signore vi dia pace!”. Sia questo il nostro saluto, ma soprattutto questa pace sia il dono divino di cui essere testimoni e portatori nel mondo. 

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