Il vangelo di oggi ci presenta, nella lettura continua delle Parabole del Regno nel vangelo di Matteo (Mt 13, 24-43), tre parabole di cui la prima, con il suo racconto e la spiegazione, fa da inclusione al brano.
Gesù ci parla, anche oggi, di un campo e di una semina, come se dalla parabola del seminatore, di domenica scorsa, concentrasse il suo sguardo per vedere cosa succede nel terreno buono.
Questo dà sì frutto abbondante, ma nel campo curato, coltivato, seminato con buon seme, quest’ultimo trova anche qui ostacoli alla sua crescita e al suo sviluppo. Deve fare i conti con un’altra realtà che è stata seminata e che crescendo si confonde con il buon grano e ne minaccia la produzione.
Quante volte, guardando la storia, quella personale e quella del mondo nasce in cuore il pensiero, come ai contadini della parabola: «Se Dio è buono e ha creato tutto per la vita, da dove nasce il male, il dolore, il peccato, che minacciano la bellezza della creazione e dell’uomo?» Già il profeta Abacuc chiedeva: «Tu dagli occhi così puri che non puoi vedere il male e non puoi guardare l’oppressione, perché, vedendo i perfidi, taci, mentre il malvagio ingoia chi è più giusto di lui?» (Ab 1,13).
E vorremmo mettere ordine, ripulire tutto, togliere tutto il male, mettere i buoni da una parte e i cattivi dall’altra, ma quanti tentativi di pulizia hanno provocato, nella storia, ancora più violenza e male!
Lo sguardo di Dio, che oggi Gesù ci porta è un altro. Egli ci dice che la linea di confine tra il bene e il male passa nel cuore di ogni persona, passa nel cuore di ognuno di noi. Per questo egli ha uno sguardo di pazienza, di infinita pazienza, perché vuole che nessuno vada perduto. Nel campo di questo mondo e del nostro cuore il suo seme, infatti, non teme nulla, ha una potenza e una forza intrinseca inattaccabile (come le due piccole parabole del seme e del lievito ci annunciano). L’intervento umano, invece, spesso inopportuno e poco sapiente, rischia di sradicare senza discernimento e la zizzania e il seme buono. C’è un momento in cui avverrà la separazione, ma sarà alla mietitura, in cui sarà evidente la scelta da operare senza mettere a rischio il buon raccolto.
Noi, però, ora, siamo nell’oggi della crescita, in cui il Signore lascia al nostro terreno la libertà di accogliere sempre di nuovo – nelle quotidiane semine che Egli opera nella storia – il buon seme, di curarlo, di custodirlo, di nutrirlo perché rafforzi in noi le sue radici e non tema la semina del nemico che in maniera subdola vuole insinuarsi e corrompere la bellezza e la bontà dell’opera di Dio.
Gesù oggi ci dice di non temere, ma di rimanere vigili e desti, ma soprattutto pazienti della stessa pazienza di Dio, che si esprime nella misericordia e nella fiduciosa attesa della nostra risposta nei suoi confronti. Il nostro è il campo della libertà, il campo in cui siamo chiamati fin d’ora a operare un discernimento, che è quello di vedere che sì c’è il male, c’è il peccato, ma a lavorare affinché il seme di Dio, cresca e si sviluppi in noi, lasciando alla misericordia di Dio di estirpare, quando sarà il tempo opportuno, il seme del nemico.
«E poi Gesù ci insegna un modo diverso di guardare il campo del mondo, di osservare la realtà. Siamo chiamati a imparare i tempi di Dio – che non sono i nostri tempi – e anche lo “sguardo” di Dio: grazie all’influsso benefico di una trepidante attesa, ciò che era zizzania o sembrava zizzania, può diventare un prodotto buono. E’ la realtà della conversione. E’ la prospettiva della speranza!» (Papa Francesco, Angelus 23 luglio 2017)
In questa domenica, perciò, chiediamo la sapienza, la luce dello Spirito santo, che ci insegni e ci doni questo sguardo paziente e fiducioso, pieno di misericordia e di speranza, per accogliere questa nuova semina della Parola affinché porti frutti di conversione e di salvezza per noi e per il mondo intero.
Lettere
S.Chiara 2024
C’era un solo pane in monastero. All’ora del pasto Chiara ordina a suor Cecilia di mandare mezzo pane ai frati e di dividere l’altra metà