II domenica di Avvento C

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Il vangelo di questa domenica si apre gettando uno sguardo sulla grande storia degli uomini. Un tempo preciso. Una storia concreta. Nomi di imperatori, di governanti, di gente importante… ma la Parola del Signore va a “cadere” in un luogo disabitato e impervio, il deserto; su una persona assolutamente insignificante secondo gli schemi del mondo: Giovanni il battista.

Anche oggi, come allora e come sempre, la Parola che sostiene e giudica il mondo non usa i canali della pubblicità, dei media, o dei social, essa “cade”, scende lì dove nel silenzio del cuore e nei deserti interiori c’è un uomo o una donna che di dispongono all’ascolto.

Questa Parola è creatrice, è quell’unica parola di cui il nostro cuore ha sete, perché è per questa parola che noi siamo stati creati. “Tu ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te” (S. Agostino).

L’Avvento, ogni anno viene proprio perché noi possiamo riandare all’essenziale, per disporci al dissodamento del nostro terreno, dove viene seminata la Parola, per poterla coltivare e farla crescere.

Giovanni il battista si fa oggi araldo del desiderio pieno di amore del Signore stesso che vuole venire ad abitare la nostra vita, la nostra storia concreta. Ci dice: preparate la strada, appianate i terreni dissestati, riempite i baratri. Disponete i vostri cuori all’ascolto, presentate a lui i vostri desideri, orientatevi al bene, perché il Signore certamente verrà per compiere la salvezza.

Questa certezza ci consoli in questo tempo, rinfranchi i nostri cuori appesantiti dalla sofferenza, dalle preoccupazioni: certamente vedremo la salvezza del nostro Dio nella carne povera di un Bambino.

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