18 luglio 2021 – XVI Domenica del tempo ordinario – anno B
…attrae col suo insegnamento, senza costringere nessuno. Ecco come attrae. Saranno tutti ammaestrati da Dio: attrarre è l’arte di Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre ed ha accolto il suo insegnamento, viene a me. Sì, attrarre è proprio di Dio. (S. Agostino)
Tra il brano di domenica scorsa e quello di oggi pare non esserci soluzione di continuità, ma se leggiamo il testo sul Vangelo, vediamo che invece Marco ha interrotto il racconto inserendo il martirio di Giovanni Battista.
I discepoli in missione con la predicazione e le opere hanno reso famoso il nome di Gesù, che è giunto alla corte. Erode si interroga sull’identità di quest’uomo che ha un tale potere, e teme si tratti del Battista, da lui stesso fatto decapitare. Le basi sicure del potere umano di Erode, mantenuto con la violenza e la paura, vacillano, mentre gli apostoli vanno di villaggio in villaggio senza alcuna sicurezza che non sia la potenza dell’amore di Gesù. Il racconto della morte del Battista non solo ci dà narrativamente il senso del tempo che passa tra l’invio e il ritorno pieno di entusiasmo dei Dodici, ma fa anche vedere ciò che la missione piena di successo provoca lì dove regna la logica di un potere che si sente minacciato dal risuonare del nome di Gesù. È un come un dramma che si preannuncia, si prepara piano piano, nascostamente. I Dodici ne sono ignari, vedono solo il risultato della loro missione, ma Gesù lo sa. Per questo la sua reazione è pacata. È consapevole che ciò che è stato provocato, come un piccolo sasso, trascinerà con sé una valanga inarrestabile.
Gesù invita i suoi ad andare in disparte, lontano dalla folla, a riposarsi. Li invita a stare con lui, ad essere comunità riunita intorno a lui, a ritornare a quell’intimità di relazione da cui tutto ha preso l’avvio. “Venite in disparte…”, stando al testo greco, è in realtà l’invito a rientrare in se stessi, a stare presso di sé. Gesù, abile pedagogo, li vuole portare a riconoscere la necessità di ritrovare il centro del loro cuore, del loro agire, a non essere riempiti solo del successo esteriore, ma a dissetarsi alla fonte dell’acqua viva che è lui stesso.
Deve ancora ammaestrare i suoi affinché imparino a non lasciarsi abbagliare, né incantare da un apparente successo immediato.
Li raccoglie per condurli in un luogo deserto. Ma la folla, ci dice Marco, capisce. Probabilmente intuisce la meta, e precede il piccolo gruppo. Ma forse c’è qualcosa di più: l’attesa che anima il popolo riguarda anche un messia potente, che finalmente libera dall’oppressore. La folla, dopo aver visto tanti segni, non vuole lasciarsi sfuggire tale messia, e lo insegue, lo precede, lo raggiunge, per prendere parte alla riorganizzazione di Israele, per seguire un tale capo.
Gesù, sceso dalla barca, invece di un luogo deserto si trova di fronte una grande folla che lo attende, lo acclama, ed è lui a comprendere la loro attesa, quella più vera e profonda: sono come pecore senza pastore, smarrite per le strade della vita. Inseguono un ideale di liberazione politica, economica, assetati di giustizia e di felicità, e sono anche loro, soprattutto loro, ad aver bisogno di essere ricondotti “presso di sé”, di scoprire nel loro cuore la ricerca e la sete della vera libertà, della vera giustizia, della vera felicità. E Gesù si commuove, verbo bellissimo utilizzato nel Nuovo Testamento solo in riferimento a Dio e a Gesù, che indica il fremito intimo e profondo delle viscere di Dio. La folla, attratta dai miracoli compiuti dai discepoli, è ancora come pecore senza pastore: non è sufficiente compiere segni grandi, guarire, bisogna condurre a Gesù.
La commozione di Gesù sfocia nell’insegnamento, e sappiamo bene l’autorità che risuona nelle sue parole, capace di suscitare la vita in chi ascolta e accoglie. Gesù insegna, Marco non dice che guarisce o libera dal maligno, ma ammaestra, annuncia, parla. Dà il pane della Parola di Dio, parola creatrice, capace di far sgorgare l’acqua della vita dalla roccia arida del cuore.
“docendo, delectat”, attira con il suo insegnamento. La Chiesa, ha più volte detto Papa Francesco riprendendo parole di Benedetto XVI, cresce per attrazione, non per proselitismo. Annunciando, attrae perché mostra la bellezza della Parola che dà la vita; testimoniando attrae, perché mostra il volto di questa vita bella e piena che solo il Signore, l’autore della vita, può dare.
Gesù attira insegnando, attira a sé per attirare al Padre. Le sue sono le sole parole vere, che realizzano ciò che promettono, sono le parole che il cuore attende perché è fatto per esse, è lo spazio, il terreno in cui queste parole, come seme, possono radicarsi e portare frutto.
Gesù sa che si sta preparando la sua passione e morte, che il suo potere di Figlio di Dio è travisato da chi teme di perdere il potere umano e, per questo, si sta creando una rete di morte intorno a lui. Ma Egli è il pastore che ha cura del gregge Radunerò io stesso il resto delle mie pecore da tutte le regioni dove le ho scacciate e le farò tornare ai loro pascoli…, leggiamo nella prima lettura tratta dal libro del profeta Geremia. Le raduna, le ammaestra. Marco non ci dice il contenuto delle parole di Gesù, ma nel suo insegnamento c’è la sua stessa vita.
L’immagine con cui si conclude il brano di oggi e che rimane nel nostro cuore è quella di Gesù che parla, circondato dai suoi e dalle folle rapiti dalle sue parole, dalla sua persona, in ascolto attento mentre quelle parole scendono nel cuore e lo muovono, lo rimettono in cammino, lo fanno battere al ritmo del cuore di Dio. Tutto il resto scompare, le preoccupazioni, le paure, i problemi, il dolore, tutto è illuminato dalla Parola che, con il timbro della voce di Gesù (ci pensate mai? Come sarà stata la voce di Gesù?) raggiunge le profondità del cuore per portarvi la certezza dell’amore di Dio, per instillarlo goccia a goccia, nelle pieghe più recondite del cuore.
Custodiamo in noi stessi questa immagine, stiamo di fronte a Gesù che parla, che ci parla, si rivolge a noi, a te, nella tua situazione di vita. Sei anche tu parte di questa folla, non ascoltatore anonimo, ma pecora amata che il Signore, insegnando, attrae a sé. Docendo, delectat.
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Clarisse Monteluce S. Erminio