21 febbraio 2021 – I domenica di Quaresima anno B
L’itinerario quaresimale, tracciato dalla Parola di Dio, sarà quest’anno illuminato dalla sapienza dei Padri della Chiesa, dei Maestri di vita spirituale, dei Santi. Ci mettiamo in loro ascolto e alla loro scuola per vivere questo tempo santo.
S. Gregorio Magno, papa. Dall’Omelia rivolta a popolo nella Basilica di S. Giovanni detta Costantiniana la prima domenica di Quaresima.
(S. Gregorio Magno, Omelie sui Vangeli, Edizioni Paoline, 1975, 156-160)
Alcuni non sanno dire da quale spirito Gesù fu condotto nel deserto. Il loro dubbio nasce dal fatto che nel Vangelo è detto «Il diavolo portò il Signore nella città santa», e ancora: «Il diavolo lo trasportò sopra un monte altissimo».
Ma rettamente e senza alcun dubbio si deve intendere che il Signore fu condotto nel deserto dallo Spirito Santo. Era conveniente che fosse il suo Spirito a condurlo là dove lo spirito maligno l’avrebbe trovato per tentarlo.
Ma ecco che quando si sente dire che l’uomo-Dio fu condotto dal diavolo sopra un alto monte, o nella città santa, la mente nostra inorridisce e le orecchie temono ad ascoltare. Ma se penseremo ad altre cose avveratesi in Gesù, ci accorgeremo che queste non sono incredibili.
È certo che il diavolo è il capo di tutti gli iniqui, e tutti gli iniqui sono membra del diavolo. Non è vero che Pilato fu un membro del diavolo? Non è vero che furono membra del diavolo quei Giudei che perseguitarono il Signore e quei soldati che lo crocifìssero? Perché ci meravigliamo se si lasciò condurre sul monte dal capo, dal momento che accettò di farsi crocifiggere dalle membra? Non era indegno di Gesù, nostro Salvatore, l’essere tentato, visto che era venuto per essere ucciso. Era anzi giusto che vincesse le nostre tentazioni con le sue tentazioni, dato che era venuto a vincere la nostra morte con la sua morte.
Ma ora dobbiamo sapere che la tentazione passa per tre stadi: la suggestione, la dilettazione, il consenso. Noi, quando siamo tentati, il più delle volte cadiamo nella dilettazione, o addirittura nel consenso. Noi, infatti, siamo nati dalla carne di peccato e portiamo nelle membra ciò che ci muove tante battaglie. Gesù, invece, che s’incarnò nel grembo della Vergine, venne nel mondo senza peccato e non provò in sé contraddizione alcuna. Egli, dunque, poté essere tentato per suggestione, ma l’anima sua non fu toccata dalla più piccola compiacenza di peccato. Quindi, tutta quella tentazione diabolica che lo assalì, fu di fuori, non di dentro.
Se guardiamo l’ordine secondo il quale si svolsero le tentazioni del Signore, vedremo quanto bene noi siamo stati liberati dalle nostre tentazioni.
L’antico avversario del genere umano si rivolse contro il primo uomo, il padre nostro Adamo, con tre tentazioni.
Lo tentò di gola, di vanagloria e d’avarizia, ma tentandolo riuscì anche a vincerlo, perché se lo sottomise in seguito a un atto di consenso.
Ecco: il diavolo lo tentò di gola quando gli mostrò il frutto dell’albero proibito e lo indusse a mangiarne. Lo tentò di vanagloria, quando disse: “Sarete simili a Dio”. Lo tentò di avarizia, quando disse: «Conoscerete il bene e il male». L’avarizia, infatti, non mira soltanto al denaro, ma anche agli onori. Se la ricerca violenta degli onori non appartenesse al vizio dell’avarizia, Paolo apostolo non direbbe, a riguardo del Figlio unigenito di Dio: “Non stimò una rapina la sua uguaglianza con Dio”.
Per il fatto che il diavolo attrasse Adamo nostro padre alla superbia, lo spinse pure a quella forma d’avarizia che è smania di eccellere.
Ma con quei mezzi che gli servirono a vincere il primo Adamo, il diavolo fu vinto dal secondo Adamo.
Il demonio tenta il Signore nella gola quando dice: “Comanda che queste pietre diventino pane”. Lo tenta di vanagloria quando dice: “Se tu sei figlio di Dio, gettati di sotto”. Lo tenta con l’avarizia degli onori quando dice: «Tutto io ti darò se ti prostri e mi adori”.
Ma il demonio è vinto, dal secondo Adamo, proprio con quei mezzi con i quali si vantava d’aver vinto il primo. Così il demonio esce dai nostri cuori, scornato, passando per quella stessa strada da cui era venuto, superbo, a dominarci.
Ma c’è un’altra cosa, fratelli carissimi, che noi dobbiamo attentamente considerare nelle tentazioni del Signore. Tentato dal diavolo, Gesù oppose in risposta i comandi contenuti nella sacra Scrittura. Colui che – essendo la potenza di Dio – poteva cacciare il tentatore nell’abisso, non mostrò la virtù della sua potenza, ma si accontentò di ripetere i comandi della sacra Scrittura, per offrirci così l’esempio della sua pazienza. C’insegnava così – quando riceviamo qualche offesa dagli uomini cattivi – a rispondere con parole d’ammaestramento, non già con parole di vendetta.
Considerate un po’ quanto è grande la pazienza di Dio e quanto è grande l’impazienza nostra! Noi – se siamo provocati con qualche ingiuria o qualche offesa – ci accendiamo d’ira e ci vendichiamo quanto possiamo; là dove non possiamo arrivare con la vendetta, arriviamo con le minacce. Ora guardiamo il Signore: egli sperimentò l’avversità del diavolo e non gli rispose altro che parole miti. Sopportò colui che poteva punire, affinché da questo gli derivasse maggior gloria, dal fatto, cioè, d’aver vinto con la pazienza il nemico che avrebbe potuto annientare con la potenza.
È da notare attentamente quello che segue, che cioè gli angeli vennero a servire il Signore quando il diavolo se ne fu andato. In ciò si sottolineano le due nature nell’unità di persona. È un vero uomo quello che il diavolo tenta, ma è anche vero Dio quello che è servito dagli angeli. Riconosciamo, dunque, in lui la nostra natura, in quanto il diavolo non l’avrebbe tentato se non l’avesse conosciuto uomo; adoriamo in lui la sua divinità, poiché se egli non fosse Dio che sta al di sopra di tutte le cose, gli angeli non lo servirebbero.