O Dio, nostro Padre, concedi al popolo cristiano di iniziare con questo digiuno un cammino di vera conversione, per affrontare vittoriosamente con le armi della penitenza il combattimento contro lo spirito del male.
Le parole che la Liturgia mette sulle nostre labbra il Mercoledì delle Ceneri ci introducono nel grande Tempo della Quaresima, tempo santo, di grazia, offerto alla nostra vita non solo per prepararci alla celebrazione della Pasqua, ma per giungere alla Pasqua con un cuore rinnovato, una vita più autentica perché fondata su Cristo.
Il tempo della Quaresima non è un grande deserto da attraversare con le proprie forze, fatto di rinunce, di impegno, di iniziative che poi, alla fine – ammesso che si mantengano– vengono abbandonate, e tutto ritorna come prima. È, invece, un’opportunità che ci viene data, ogni anno diversa perché noi siamo diversi.
La Quaresima non ci incontra mai nello stesso punto dell’anno precedente, noi non siamo più dove eravamo l’anno scorso. La nostra vita non è, come si dice spesso, “una ruota che gira” e che ritorna su se stessa. La nostra vita è sempre un divenire, una crescita. Immaginiamola come una spirale: ci sembra di ripassare sugli stessi punti, ma in realtà siamo in una posizione diversa, li vediamo da una nuova prospettiva, perché una spirale ha un punto di partenza e un punto di arrivo, una meta, e ci conduce ad essa.
La percezione del cambiamento è importante. Noi non siamo mai fermi, i maestri di vita spirituale insegnano che si può solo andare avanti oppure tornare indietro, ma fermarsi no.
Entriamo nella Quaresima con la consapevolezza che percorriamo una strada, sulle orme del Signore Gesù e, soprattutto, sostenuti dalla sua grazia, dal dono dello Spirito, grande protagonista di questo tempo santo.
La preghiera di colletta del mercoledì delle ceneri ci dice che cos’è la Quaresima e come entrarci. È un cammino di vera conversione, che presuppone un combattimento contro lo spirito del male, che sicuramente incontreremo, e che potremo vincerlo con le armi della penitenza.
Entriamo più in profondità nelle parole della preghiera.
Cammino: è l’immagine che più caratterizza il tempo quaresimale, e sarà la Parola di Dio che ascolteremo a tracciarne il percorso. Un cammino di cui conosciamo la meta, ma non la strada. Sappiamo che sicuramente passa attraverso il deserto, luogo dove mancano punti di riferimento e per questo è necessario tenere ben stretta la bussola che indica la direzione. La bussola è, appunto, la Parola di Dio. Lasciandoci condurre dalla liturgia, ci accorgeremo che la Quaresima è divisa in due grandi parti: le prime tre settimane sono focalizzate sulla nostra conversione, le letture sono un grande richiamo al cambiamento di vita. Dalla quarta settimana il tono cambia, e l’accento si sposta sul Signore Gesù e sulla sua consegna per amore nostro. Seguire questo percorso ci permette di attraversare la prima parte come una grande preparazione del cuore all’incontro con il Signore, per percorrere insieme a lui il cammino verso Gerusalemme, con lui morire e con lui risorgere.
Combattimento: la vita spirituale, cioè la vita cristiana, la vita nello Spirito santo è un combattimento. In che senso? Immaginate di entrare in una casa con tante stanze, un castello, portando con voi una luce forte, capace di illuminare anche gli spazi più nascosti. La luce fa emergere la polvere, le cose fuori posto, fa vedere quello che, senza di essa, non si potrebbe vedere, anche gli oggetti preziosi e magari nascosti… Il castello è il nostro cuore, e la luce è lo Spirito Santo. Quando lo lasciamo entrare, illumina le mille stanze della nostra interiorità, e mette in luce il disordine, la polvere, ciò che ha bisogno di essere rinnovato, ripulito, forse eliminato. Fa, però, anche vedere le meraviglie che noi stessi ignoriamo, talvolta bisognose di essere ripulite, rese splendenti… Questo lavoro è il combattimento spirituale, perché il male che ci abita non vuole lasciarci con tanta facilità, spesso ci siamo affezionati e noi stessi non vogliamo abbandonarlo. Combatterlo, allora, significa scegliere la bellezza e lasciare ciò che la oscura, ma non sempre questo è facile. Richiede determinazione ma, soprattutto, amore: amore per una vita che sia vera, che sia bella, che sia luminosa e autentica. Amore e fiducia nel Signore, che vale più di tutte le “cianfrusaglie” che tanto spesso ci occupano con promesse di vita che non possono mantenere. Ecco, allora, che il combattimento spirituale non ci abbandona mai, perché sempre dobbiamo custodire i tesori di cui il Signore arricchisce la nostra esistenza.
Ma la Chiesa non ci lascia da soli in questo combattimento. Ci offre da subito le armi non solo per combattere, ma per vincere, le armi della penitenza.
È il Vangelo di oggi (Mt 6,1-6.16-18) tratto dal discorso della montagna di Matteo a indicarcele. Esse sono l’elemosina, la preghiera e il digiuno, elementi di un cammino di penitenza, di conversione vissuto sotto lo sguardo del Padre, nel desiderio dell’incontro con Lui. Il ritornello più volte ripetuto – il Padre tuo che vede nel segreto ti ricompenserà – ci ricorda che il centro del cammino quaresimale non siamo noi, non è la nostra presunta perfezione, ma il Signore. Si combatte per vincere il male che tiene lontani dal Padre, che porta lontani da Lui, quel male che insidia il nostro cuore. Il segreto è quello spazio che siamo chiamati a fare in noi, sotto lo sguardo amoroso del Padre, per accoglierlo, per lasciarlo entrare, per lasciarci guarire in profondità, dove nessuno vede.
La penitenza è un dono, un’occasione che il Signore ci dà per cambiare, per lasciarci cambiare, per conoscere davvero il suo amore, e il senso della vita, della nostra vita. Per questo la penitenza cristiana è caratterizzata dalla gioia: il nostro cuore può cambiare, oggi. Possiamo sperimentare l’abbraccio del Padre, possiamo entrare nella gioia del Signore, perché è il dono che Lui desidera per noi. Non c’è peccato che non possa essere perdonato, non c’è distanza che non possa essere colmata dal Signore.
Accogliamo con gratitudine questo tempo, e chiediamo la grazia di viverlo davvero, la “grazia di vivere la grazia” (Chiara Corbella).
Clarisse Monteluce S. Erminio