Avere lo Spirito del Signore

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31 maggio 2020 – Domenica di Pentecoste
 
Eccoci giunti alla pienezza del tempo pasquale con la celebrazione della domenica di Pentecoste. Vogliamo entrare e vivere questa giornata di grazia insieme a San Francesco, riflettendo su alcuni passaggi della sua vita nei quali possiamo vedere l’agire dello Spirito in Lui. Sì, perchè lo Spirito opera, anima la nostra vita, impercettibile ma reale, concreto. La vita dei santi ci mostra proprio la meraviglia che può diventare un’esistenza che si rende docile alla Sua azione.
Questa domenica vogliamo contemplare così lo Spirito: in azione, nel suo trasformare il nostro cuore per renderlo simile al Cuore di Cristo, al cuore del Figlio.
Il testo è un breve estratto di un libro che è molto interessante e utile per tutti i cristiani, per chi ama il nostro santo di Assisi.

 Avere lo Spirito del Signore, di Ignace-Etienne Motte ofm, in La spiritualità di Francesco d’Assisi, 87-90, Biblioteca Francescana, 1993

«Ciò che i frati devono desiderare sopra ogni cosa è di aver lo Spirito del Signore e la sua santa operazione» (Rb 10,9).
 
Questo è l’obiettivo principale della vita evangelica, per Francesco: far campo libero allo Spirito Santo in modo che diventi in realtà la fonte viva da cui sorgono le reazioni, i pensieri, le scelte, l’azione… in pratica, tutto ciò che l’essere afferrato da Lui produce.
È chiaro che la “sequela di Cristo” a cui Francesco e i suoi frati sanno di essere chiamati non si limita a copiare in qualche modo esteriormente il modello, ma tende a una sempre più profonda comunione, che faccia quasi coincidere la persona del discepolo con Gesù, configurandolo a poco a poco nell’intimo con il suo “prototipo” (cfr. Col 1,18):
 
«…interiormente purificati, interiormente illuminati e accesi dal fuoco dello Spirito Santo, possiamo seguire le orme del tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo…» (LOrd 51).
 
Nel pensiero di Francesco, le espressioni “seguire le orme di Cristo” e “avere lo Spirito del Signore” sembrano strettamente legate.
 
Cambiare di spirito
 
La condizione per una tale invasione dello Spirito del Signore è evidente: bisogna fare piazza pulita, cioè liberare l’uomo peccatore dallo spirito terrestre che lo spinge su vie diverse da quelle del Vangelo:
 
«Ammonisco poi ed esorto nel Signore Gesù Cristo che si guardino i frati da ogni superbia, vana gloria invidia avarizia, cure e preoccupazioni di questo mondo e dalla detrazione e dalla mormorazione. E coloro che non sanno di lettere, non si preoccupino di apprenderle ma facciano attenzione che ciò che devono desiderare sopra ogni cosa è di avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione…» (Rb 10,7-9).
 
L’essenza della vita spirituale consiste in una trasforma­zione radicale, significa passare dallo spirito terrestre allo Spirito del Signore, “cambiare di spirito“. Forse senza saper­lo, Francesco riprende il senso della parola greca “meta-noeite” del Vangelo, che per Marco (1,15) è il primo appello della predicazione di Gesù alla conversione.
Questo “cambiamento di spirito” costituisce un tema fondamentale del messaggio di Francesco. (…)
 
Un’esperienza decisiva
 
Se Francesco dà un così gran peso all’importanza di questo cambiamento radicale, se lo analizza con tanta precisione, non è perché lo ha vissuto in prima persona in modo indimenticabile all’inizio del suo cammino spirituale?
Lui stesso ce lo racconta all’inizio del Testamento:
 
«Il Signore dette a me, frate Francesco, d’incominciare a fare penitenza così…».
 
Un fatto della giovinezza di Francesco ha avuto un peso decisivo nel suo cammino. Egli afferma sicuro:
 
«E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo».
 
Si tratta dell’incontro coi lebbrosi. Da quel momento la vita di Francesco si è trasformata completamente. Prima, come lui dice, era “nei peccati“; cioè viveva secondo lo spirito del mondo, alla ricerca della realizzazione di sé e dell’appagamento personale. Questo comportava naturalmente ripugnanza nei confronti dei lebbrosi. La sua bontà naturale, evidenziata a gara dai biografi, cambiava bruscamente di fronte a ciò che gli si presentava come l’identica imitazione di ciò che pur apprezzava. L’amore di Francesco era fisicamente bloccato di fronte al lebbroso. Ma ecco che, là dove le forze vengono meno, arriva il Signore –
 
«Il Signore stesso mi condusse tra loro»
 
– e trascina Francesco nello slancio della sua misericordia.
 
«E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo (…)».
 
Francesco sperimenta la dolcezza di Dio, non solo come beneficiario, bensì come attore. Nasce così alla vita di Dio, entra nel mondo di Dio; nello spirito ha già “abbandonato il mondo
È un cambiamento radicale. Un cambiamento di gusto: l’amaro trasformato in dolce. Un cambiamento di valutazione del significato di “realizzarsi“. Un cambiamento di senso della vita: l’ambizioso Francesco non sogna più di innalzarsi tanto da diventare il più grande, al contrario si abbassa fino al livello del più piccolo. Un cambiamento anche dell’idea di Dio: non più il maestoso Sovrano di Spoleto – Colui che vi innalzerà alla Gloria – ma colui che assume le sembianze del povero Cristo crocifisso, diventato lebbroso per amore nostro. Francesco ha percepito che la vera grandezza è quella dell’amore e che non c’è niente di più importante al mondo che accendere una scintilla di gioia negli occhi turgidi del lebbroso. Cambiamento di gusto, cambiamento di vita, cambiamento di Dio: l’incontro coi lebbrosi è davvero la conversione di Francesco.
Questa trasformazione è opera di Dio: solo Lui può dare un cuore nuovo; solo Lui può sostituire lo spirito del mondo con il suo Santo Spirito, solo Lui può far nascere un’altra volta rendendoci partecipi del suo Regno, solo Lui può risuscitare i morti. All’uomo conviene ammettere la propria miseria ed essere sempre totalmente disponibile a Dio. All’uomo conviene raccontare le opere di Dio:
 
«Il Signore dette a me…».

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