24 novembre 2019
Solennità di Cristo Re dell’Universo
La solennità di Cristo Re, che chiude l’anno liturgico, fu istituita da Papa Pio XI il giorno 11 dicembre 1925 con la Lettera Enciclica “Quas primas”.
Il 1925 era stato un anno giubilare, un anno santo, e al suo termine il Papa scrive questa lettera nella quale, fin dalle sue prime battute, trapela la sua preoccupazione riguardo alla pace tra le nazioni, la cui realizzazione è impossibile se non si volge il cuore a Cristo:
“…mai poteva esservi speranza di pace duratura fra i popoli, finché gli individui e le nazioni avessero negato e da loro rigettato l’impero di Cristo Salvatore. Pertanto, come ammonimmo che era necessario ricercare la pace di Cristo nel Regno di Cristo, così annunziammo che avremmo fatto a questo fine quanto Ci era possibile; nel Regno di Cristo — diciamo — poiché Ci sembrava che non si possa più efficacemente tendere al ripristino e al rafforzamento della pace, che mediante la restaurazione del Regno di Nostro Signore”.
Offre anche una lettura interessante della storia:
“Poiché, mentre gli uomini e le Nazioni, lontani da Dio, per l’odio vicendevole e per le discordie intestine si avviano alla rovina ed alla morte, la Chiesa di Dio, continuando a porgere al genere umano il cibo della vita spirituale, crea e forma generazioni di santi e di sante a Gesù Cristo, il quale non cessa di chiamare alla beatitudine del Regno celeste coloro che ebbe sudditi fedeli e obbedienti nel regno terreno”.
Là dove l’uomo porta la morte e la distruzione, il Signore fa fiorire la santità: l’amore è più forte del male, dell’odio e anche se la violenza sembra regnare ed essere l’unica legge, seminando tanto dolore, in realtà il Signore fa crescere il suo Regno, e fa crescere, silenziosa ma invincibile, la santità. Un regno, il Suo, che come Egli stesso ha detto “non è di questo mondo” (Gv 18,36), non si regola con leggi improntate alla logica dei regni umani. Potremmo dire che ha una dinamica inversa: non il più grande ma il più piccolo, non il primo posto ma l’ultimo, non farsi servire ma servire, non trattenere la vita ma darla. In esso si entra con la nuova nascita del Battesimo, frutto della Pasqua di Cristo, immersione nella sua passione, morte e resurrezione. Il Papa afferma che è un regno principalmente spirituale, ma dice anche che “…sbaglierebbe gravemente chi togliesse a Cristo Uomo il potere su tutte le cose temporali, dato che Egli ha ricevuto dal Padre un diritto assoluto su tutte le cose create, in modo che tutto soggiaccia al suo arbitrio”.
Come scrive san Paolo nella lettera ai Colossesi 1,15-17, seconda lettura della Messa di oggi:
“Egli è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui”.
Dal desiderio di Papa Pio XI di una società rinnovata, in cui regni la pace in tutti i suoi ambiti, nel cuore delle persone, nelle famiglie, tra le nazioni, in cui Cristo possa davvero essere seguito, ascoltato, obbedito, nasce la celebrazione di Cristo Re dell’Universo. Un desiderio davvero buono, che pone al centro il bene della persona umana, il suo fine e la sua vita in questo mondo. Per questo, però, non basta un documento della Chiesa.
Dice ancora il Papa:
“E perché più abbondanti siano i desiderati frutti e durino più stabilmente nella società umana, è necessario che venga divulgata la cognizione della regale dignità di nostro Signore quanto più è possibile. Al quale scopo Ci sembra che nessun’altra cosa possa maggiormente giovare quanto l’istituzione di una festa particolare e propria di Cristo Re. Infatti, più che i solenni documenti del Magistero ecclesiastico, hanno efficacia nell’informare il popolo nelle cose della fede e nel sollevarlo alle gioie interne della vita le annuali festività dei sacri misteri, poiché i documenti, il più delle volte, sono presi in considerazione da pochi ed eruditi uomini, le feste invece commuovono e ammaestrano tutti i fedeli; quelli una volta sola parlano, queste invece, per così dire, ogni anno e in perpetuo; quelli soprattutto toccano salutarmente la mente, queste invece non solo la mente ma anche il cuore, tutto l’uomo insomma. Invero, essendo l’uomo composto di anima e di corpo, ha bisogno di essere eccitato dalle esteriori solennità in modo che, attraverso la varietà e la bellezza dei sacri riti, accolga nell’animo i divini insegnamenti e, convertendoli in sostanza e sangue, faccia si che essi servano al progresso della sua vita spirituale”.
Ecco la potenza della liturgia: muovere il cuore, coinvolgere tutto l’uomo, portarlo ad una comprensione che non è solo intellettuale, ma interiore, spirituale: muoverci dall’interno di noi stessi verso le verità e la bellezza della fede. Quanto le nostre celebrazioni raggiungono il nostro cuore così in profondità? Quanto noi ci apriamo a questa partecipazione? Di fronte alla solennità di Cristo Re c’è il rischio di avvertire una distanza, quasi fosse una festa che non ci riguarda veramente nel nostro quotidiano. Invece, abbiamo visto, l’intento della sua istituzione era proprio quello di incidere nella vita di ogni giorno, di orientarla verso il suo senso più vero, per far gustare la bellezza di un’esistenza in armonia con il disegno di Dio. Sì, perché questa festa doveva aiutare a far vivere la sacralità dell’esistenza, tutta l’esistenza, contro una mentalità laicista che voleva una società distinta dalla fede, riservata alla sfera privata. Ma questo, così tanto vero oggi, sappiamo essere menzognero, proprio perché la fede entra, illumina, motiva, orienta, chiarifica il vivere concreto di ogni uomo. Con di questa festa, Papa Pio XI voleva risvegliare la coscienza degli uomini e ricondurli alla verità del rapporto personale con il suo Creatore.
Quanto è ancora attuale oggi tutto questo! Certo, il linguaggio utilizzato in questa lettera può sembrarci lontano, ma se leggiamo con attenzione le parole del Papa non possiamo non convenire con lui che davvero non riconoscere Cristo, la sua regalità sulla nostra vita, è lasciare spazio al male, al disordine che c’è in noi e che ricade sulla società. Assistiamo quotidianamente, ormai, a una violenza che dilaga ed entra nelle case, nelle relazioni con una facilità e una normalità allarmanti. Lontano da lui, e anche questa è esperienza quotidiana, non possiamo davvero fare nulla di buono, e il male che è nel nostro cuore può agire quasi indisturbato. Abbiamo bisogno della sua grazia perché la nostra vita e la società intera possano respirare nel grande respiro di una vita bella, come tanto desideriamo.
Affidiamoci oggi al Signore Gesù, chiediamogli di regnare innanzitutto in noi, perché attraverso di noi Lui possa essere incontrato, riconosciuto, accolto dai nostri fratelli e sorelle che ancora non lo conoscono.