3 luglio 2022 XIV Domenica Tempo Ordinario

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Fratelli, quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo.
Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l’essere nuova creatura. (Gal 6,14-18)


Paolo è stato travolto dalla novità cristiana. L’incontro con Cristo per lui è stato davvero di una novità tale da fargli sperimentare la rinascita dall’alto di cui Gesù stesso parlò con Nicodemo. Noi forse non sappiamo cogliere fino in fondo la novità cristiana, anzi: si percepisce chiaramente che il cristianesimo viene spesso visto e vissuto come qualcosa di ormai superato, non attraente, non “al passo” con i tempi. Quando succede questo, c’è qualcosa che non funziona, perché il cristianesimo è la novità assoluta, l’unica realtà veramente nuova, perché inimmaginabile da mente umana. La novità che irrompe nella storia. Il suo stesso modo di manifestarsi è novità: non appariscente, non eclatante, non con il potere, né con la persuasione ammaliatrice, ma la forza di un seme, di un pugno di lievito, una realtà nascosta che entra nel cuore dell’esistenza e la rende piena di significato, di senso, di dignità: la riempie di vita perché fa scoprire il solo amore che disseta e fa vivere.

Proviamo a guardarci intorno. A pochi km, perché sono pochi, si sta combattendo una guerra assurda, morti su morti, eccidi che si scopriranno soltanto a guerra finita, anche se ancora quel giorno è lontano. Ma noi viviamo come se niente fosse. Le nostre grandi città offrono benessere, negozi, luci, musica, proposte di oggetti inutili che riempiono le nostre case, un fascino che ammalia e, senza che ce ne accorgiamo, addormenta il nostro cuore. Lo frastorna con il suo rumore, lo riempie di immagini, di parole, di suoni, di luci, lo disorienta nel senso che lo distoglie dal suo vero orientamento per offrirgliene un altro, o altri. Non si deve demonizzare tutto ciò, è espressione di vita, di desiderio di vita, ma bisogna fare attenzione al proprio cuore, che rischia di diventare il luogo più lontano da raggiungere… e soprattutto corriamo il pericolo di perdere la strada che ci conduce a lui. La pandemia è venuta, con tutta la sua capacità di sconvolgere l’esistenza. Non se n’è ancora andata, ma la vita riprende come prima, anzi forse con più frenesia, come una sorta di rivincita su ciò che il tempo del lockdown ci ha tolto. Ma quante volte abbiamo sentito dire che non si poteva riprendere come prima? Eppure lo stiamo facendo, fatichiamo a stare di fronte alla serietà della vita, ai suoi limiti, alle rinunce che essa impone. Fatichiamo a stare di fronte al dolore e alla morte, come se dovessero essere relegate in uno spazio di sicurezza, nascosto al nostro quotidiano. Come se ciò che non è perfetto, che non corrisponde ai canoni che la moda, gli influencers impongono, fosse un “di meno” di vita, e di valore della persona.

In tutto questo risuona ancora oggi la parola di Paolo: ciò che conta è essere nuova creatura in Cristo. Ciò che conta è rinascere. Non solo nascere, ed esistere, ma rinascere: scegliere di accogliere fino in fondo la vita nuova che Cristo ci offre, che Cristo è.

La giovinezza del Vangelo e dell’essere cristiani la si vede risplendere sul volto dei santi. I santi sono giovani perenni, qualsiasi sia la loro età anagrafica. Giovani perché in loro scorre la vita vera, quella che il tempo non scalfisce, se non per renderla più luminosa. È di questa bellezza che ci parla la prima lettura: rallegratevi, esultate, sfavillate… sarete nutriti, portati in braccio, curati come una madre cura il proprio figlio, il vostro cuore sarà nella gioia perché vedrete Lui, il Signore della vita e ciò che è vecchio ritornerà verde come erba fresca.

Tutta la liturgia ci parla di questa bellezza, una bellezza che sta molto a cuore a Dio, tanto che ci invita a chiedere a Lui il dono di persone che la sappiano irradiare, di operai per la sua messe, la messe del Regno dei Cieli, la messe del Vangelo.

Siamo noi questi operai, siete voi, ciascuno di voi. Essere operai nella messe del Signore non è solo di chi è chiamato a una vocazione particolare, benché questo abbia un’importanza immensa, ma è di ogni cristiano. Chiamati a testimoniare con la propria vita che essere cristiani è bello, che accogliere il Vangelo è rinascere, che lasciarsi plasmare da quella Parola e non dalle parole del mondo è vivere con una logica perennemente giovane, attuale, perché è la logica per cui il nostro cuore è fatto, l’unica in cui trova davvero vita.

Un bel compito, quindi, che si può vivere soltanto se innanzitutto la nostra vita è nuova, è rinata, è conquistata da Gesù Cristo.

Photo by Alex Hockett on Unsplash

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