P. Cesare Vaiani, ofm, amico della comunità e noto per i suoi studi su S. Francesco, ci ha gentilmente dato la possibilità di pubblicare alcuni suoi articoli. Lo ringraziamo di cuore, e condividiamo con voi la ricchezza di questi testi che ci aiutano a penetrare l’esperienza di fede del nostro Padre S. Francesco.
di P. Cesare Vaiani, ofm
La vita di Francesco è stata segnata dal misterioso dono delle stimmate; e sappiamo che egli è stato il primo, nella storia della santità, a ricevere questi segni che rimandano alla croce di Cristo.
Fin dalla prima biografia di Francesco, è come se le stimmate fornissero la chiave di comprensione di tutta la vita di Francesco, che viene riletta in questa luce, e nella quale si riconoscono così le molteplici apparizioni della croce. Bisogna notare che, in questa prospettiva, l’intuizione fondante sta nell’evento delle stimmate, ed è a partire da esse che si rilegge tutta la vita di Francesco.
Una tale acuta interpretazione vede le stimmate in continuità con tutta l’esperienza di Francesco, dagli inizi della sua conversione fino alla morte: le stimmate non sono un improvviso e inopinato avvenimento nella vita del Santo, ma evidenziano in termini concreti, addirittura fisici, una presenza che si radica ben più in profondità, nel cuore stesso di Francesco e fin dagli inizi della sua vicenda. Già la Vita seconda di Tommaso da Celano aveva iniziato tale interpretazione, legando le stimmate all’episodio del crocifisso di san Damiano: «Da quel momento… le venerande stimmate della passione, quantunque non ancora nella carne, gli si impressero profondamente nel cuore» (2 Cel. 10: FF. 594); e una delle elaborazioni poetiche più belle di questa tematica si ritrova in Jacopone da Todi, per il quale le stimmate sono la via d’uscita che permette di sfogare in qualche modo «la smesurata amanza – de lo core infocato». Poeticamente, Jacopone afferma che il corpo di Francesco non poteva contenere tutto quell’amore, e trova cinque vie d’uscita che sono le stimmate (Lauda 61: FF. 2031); o giunge a paragonare l’«amore acuto» che dimora nel cuore di Francesco al frutto del fico, che «rompe la sua vestitura» e risulta dolce alla bocca (Lauda 62: FF. 2033).
La formulazione più completa della lettura delle stimmate in termini di croce, e soprattutto della sua estensione a tutta la vita di Francesco, si trova certamente nella Leggenda di Bonaventura; le tematiche non sono tutte originali, e spesso sono riprese dai biografi precedenti, ma la grande costruzione ideale in cui sono inserite è il vero frutto del genio e della capacità di sintesi di Bonaventura, che riesce così a costruire un modello esemplare di cammino spirituale e che anche in questo caso compie la sua opera di teologo, elaborando in visione unitaria ciò che prima di lui appariva ancora come una raccolta di riflessioni sparse, anche se già brillanti.
Il riferimento alla croce di Cristo diventa così, nella prospettiva di Bonaventura, lo sguardo più penetrante che possiamo gettare sul significato non solo delle stimmate, ma dell’intera esperienza di Francesco.
Sappiamo peraltro che la croce, per il cristiano, non è solo strumento di morte, ma costituisce sempre un mistero di morte e di gloria inscindibilmente uniti nella Pasqua del Signore: comprendiamo allora perché sia corretto interpretare con questo riferimento le stimmate di Francesco: significa porre Francesco nel cuore della Pasqua, vale a dire nel cuore della fede cristiana.
E’ quanto Bonaventura afferma nel capitolo conclusivo dell’Itinerarium, scritto proprio alla Verna, quando esorta l’anima all’«ultimo, supremo passaggio», che è identificato esplicitamente con la Pasqua e nel quale Cristo è via e porta, scala e veicolo; passaggio che è la mistica pasqua, nella quale morire e riposare con Cristo nel sepolcro.
«E’ proprio questo il passaggio che fu mostrato a Francesco, quando nell’estasi della contemplazione gli apparve il Serafino dalle sei ali, confitto alla croce… In quella visione Francesco, per mezzo della contemplazione estatica, compì il passaggio in Dio» (Itinerarium, cap. VII, 2-3).
Ed è questo ciò che, con fine intuizione e con fede profonda, hanno compreso i frati della Verna secoli addietro, commissionando per la Cappella delle stimmate la splendida maiolica robbiana che domina nell’abside; nella quale, è da notare, non compare la rappresentazione di Francesco che riceve le stimmate, ma solo la semplice, grandiosa scena della crocifissione di Cristo: perché quei frati avevano capito bene che le stimmate di Francesco non fanno altro che rimandare alla croce di Cristo.