6 dicembre 2020 – Seconda Domenica di Avvento anno B
La liturgia della seconda domenica di Avvento dell’anno B apre solennemente la lettura del Vangelo di Marco inserendone i versetti iniziali, che potrebbero apparire come semplice prologo di tutto il libro, ma in realtà contengono già in sintesi l’intero Vangelo. È annuncio di colui che attendiamo, che il cammino di Avvento ci prepara e ci insegna a riconoscere e ad accogliere: Gesù, Cristo, Figlio di Dio.
La prima parola del Vangelo è carica di una grande pregnanza: inizio, Ἀρχὴ, che è anche la prima parola dell’intera Scrittura. Questo ci fa intuire fin da subito che non si tratta solo di un semplice inizio cronologico o letterario del vangelo, ma è l’inizio di una novità assoluta che si sta affacciando nella storia del mondo, un nuovo inizio, tutto riparte, senza annullare il passato, piuttosto coinvolgendolo, trascinandolo con sé, in una novità che, accaduta in modo definitivo e assoluto più di 2000 anni fa, raggiunge, inarrestabile, la nostra storia di oggi: l’evento Gesù Cristo, Figlio di Dio.
Particolarmente importante è l’oggetto cui l’inizio è riferito: Gesù, Cristo, Figlio di Dio. Riconoscere in Gesù il Figlio di Dio è il cuore del Vangelo di Marco, il vangelo del discepolo. Sarà il centurione, un pagano, che alla vista di Gesù in croce farà la proclamazione di fede più grande:
“Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!»”. (Mc 15,39)
Marco in questi pochi versetti combina tre citazioni: Esodo 23, 20; Malachia 3,1 e Isaia 40, 3-5 con le quali fa emergere la figura di Giovanni e di Gesù. Il primo a comparire non è Gesù, ma Giovanni il Battista. Egli è la voce che grida nel deserto, è colui che invita a preparare la via, a raddrizzare i sentieri del Signore. È il messaggero che annuncia il compimento delle Scrittura, segna il passaggio dalla prima alla definitiva alleanza che sarà sigillata nel sangue di Cristo, è come se nel Battista confluisse tutto l’Antico Testamento per indicare Gesù, Colui che tutte le Scritture annunciano e attendono.
Giovanni il Battista è una figura davvero grandissima, un uomo rude, dipinto con tratti severi, austeri, vestito con l’abito tipico dei profeti. Pur essendo figlio di un sacerdote, come sappiamo dal Vangelo di Luca, non è nel tempio ma nel deserto, non è sacerdote ma profeta, non predica i sacrifici ma un battesimo di conversione. È interamente proteso verso Cristo, parla di Lui non di sé. Di fronte a Gesù riconosce di essere nulla: non è degno di sciogliergli i legacci dei sandali. Non sono parole solo di umiltà, ma riconoscono la grandezza di Gesù, di colui che “viene dopo di me”. Il termine qui utilizzato sarà lo stesso con cui Gesù inviterà a seguirlo, ad andare “dietro” a lui. Ora è Gesù che va dietro Giovanni, viene dopo Giovanni, in un certo senso lo segue. Giovanni è il Precursore, colui che apre la strada al Messia nell’inizio della sua missione, e Gesù, il più forte, colui che battezzerà in Spirito santo, segue ora i passi di Giovanni, viene dopo di lui. Già da queste prime battute Marco ci mostra il metodo di Dio, che sarà evidente nell’episodio del Battesimo: non impone la sua grandezza, la sua divinità, si fa uno di noi, si mette in fila con i peccatori.
Giovanni predica nel deserto, che è un luogo fortemente simbolico per la storia di Israele, un chiaro riferimento all’esodo. Da qui parte la novità del nuovo inizio, da un luogo inospitale, dove è impossibile vivere. Saremmo forse tentati di fuggire da un luogo così, invece è il punto di partenza: si parte da dove si è smarriti, disorientati, da una condizione di oppressione dalla quale non ci si può liberare da soli, con le proprie forze. Solo una presenza e una voce che danno l’orientamento, che dicono che tu esisti, non sei abbandonato, dimenticato, solo una voce che ti annuncia la salvezza può ridarti speranza, la forza e la voglia di camminare. È così che si comincia a seguire: ascoltando, seguendo la voce, fidandosi della voce che, nel deserto, indica la strada. È dentro il deserto esistenziale in cui talvolta ci troviamo che può iniziare un cammino nuovo, guidato dall’unica voce capace di risuonare in quei luoghi del cuore: la Parola di Dio. È la sua Parola che apre strade dove non ce ne sono, indica la direzione, ristora le forze, rimotiva la fatica. È la Parola che Giovanni fa risuonare ad attrarre persone da Gerusalemme e da tutta la Giudea per incamminarsi sulle strade della conversione, del nuovo Esodo: quello dai peccati.
Chiediamo al Signore in questa II domenica di Avvento di darci la grazia di riconoscere il deserto o i deserti della nostra vita, del nostro cuore, per aprirli alla Sua Parola, per riconoscere la presenza del Battista che annuncia la venuta di Cristo, che annuncia un nuovo inizio. Sì, perché con Lui è sempre possibile iniziare di nuovo.
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Clarisse Monteluce S. Erminio

