La Chiesa, oggi, in questa terza domenica d’Avvento, apre la celebrazione eucaristica, nell’antifona d’inizio, che dà il tono a tutta la celebrazione, con le parole dell’apostolo Paolo (cf. Fil 4,4-5): «Rallegratevi!» È quasi un comando… ma si può comandare un sentimento? Possiamo noi, da noi stessi, produrre la gioia?
Eppure san Paolo “comanda” ai cristiani che la gioia sia sempre presente nella loro vita, perché la gioia vera, quella che non viene mai meno è solo nel Signore e il Signore, la fonte della nostra gioia è vicino a noi, sempre. Per questo al cristiano, in forza del Battesimo, è dato di poter vivere sempre il comando della gioia.
Questo tema lo incontriamo anche nella prima lettura (Is 35,1-6.8.10). Il profeta Isaia ci apre un orizzonte, che ci fa contemplare la bellezza e la felicità dell’umanità finalmente libera dalla schiavitù, per gli ebrei era la liberazione dalla schiavitù dell’esilio, per noi oggi è l’annuncio della liberazione dalle tante schiavitù, da tutto ciò che opprime e rende piccola la nostra vita. Oggi il Signore ci dice: “Non temere. Guarda in faccia e chiama per nome tutto ciò che rende asfittica la tua vita e portalo a me. Io sono il tuo liberatore e ti farò ritornare per una strada pianeggiante, nella quale non inciamperai più, una strada ricca di acqua per la tua sete, ricca di vegetazione per difenderti dalla calura del sole e per rallegrare il tuo sguardo!”.
Isaia ci dice: «Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa…» Quante volte pensando alla nostra vita possiamo paragonarla a questi luoghi aridi, senz’acqua! Oggi ci giunge l’annuncio: «Tu che sei un deserto, che sperimenti l’aridità, che vedi la tua terra come una steppa, RALLEGRATI! Rallegrati sempre!»
Ma come si può vivere nella gioia sempre, in ogni situazione prospera o avversa?
La gioia del Signore è una gioia paradossale, una gioia contro ogni evidenza. Una gioia che nasce dalla pazienza dell’attesa (vedi seconda lettura: Gc 5,7-10), dalla paziente attesa dell’arrivo dell’amato: «Egli viene e non tarderà». Il nostro mondo tecnologizzato non conosce più la pazienza, con pochi gesti si può ottenere tutto subito. Tuttavia ogni cosa ha il suo tempo e per ogni realizzazione occorre attendere il tempo della maturazione: è una legge insita in ogni realtà veramente umana e Dio non ha voluto “stravolgere” l’umano, ma, anzi, è voluto entrare nel mondo proprio per la “porta” attraverso cui ogni uomo e donna deve passare per venire al mondo: il concepimento e il parto. Già questo indica la paziente attesa di una madre, attesa amorosa, attesa trepida e operosa per preparare al nascituro un luogo accogliente, colmo di amore.
Tutto questo è il senso dell’Avvento, che la Chiesa ci fa vivere ogni anno e che in questa domenica è caratterizzato dall’annuncio della gioia messianica.
Un annuncio che viene a raggiungerci nel nostro quotidiano, dove le nostre piccole gioie sono spesso impastate con altri sentimenti che appesantiscono le nostre giornate. Quell’orizzonte che Isaia ci ha aperto, infatti, non trova conferma nella nostra esperienza. Quella promessa che ci è stata fatta, della vittoria sul peccato, sulla morte, sulla sofferenza, quando si realizzerà?
Anche Giovanni il Precursore, che ci viene presentato oggi nel Vangelo (Mt 11,2-11) come una delle due colonne del Portale dell’Avvento (insieme alla Vergine Maria, che la Chiesa ci farà contemplare domenica prossima), si trova nella stessa situazione. Egli, che aveva annunciato che dopo di lui sarebbe venuto uno più forte, che avrebbe ristabilito le sorti di Israele, ora, di fronte a Gesù, al suo cammino umano, alla sua opera così umile e apparentemente nascosta e silenziosa, che sembra non cambiare nulla, manda a chiedergli: «Sei tu colui che deve venire? Quella gioia profetizzata, preannunciata, quella liberazione attesa e desiderata dov’è, ora che tu sei venuto?»
Ed è la stessa domanda che gli facciamo noi tante volte.
La Chiesa in questa domenica d’avvento, proprio al cuore dell’attesa, ci annuncia: «Rallegratevi nel Signore, sempre. Ve lo ripeto ancora: rallegratevi, il Signore è vicino!»
Solo lui può darci quello sguardo che ci permette di guardare la realtà con occhi trasfigurati e vedere che già il Signore è all’opera, per accorgerci di ciò che già nella nostra vita ha il gusto del miracolo… piccole cose, che tuttavia ci annunciano: «Il Signore è vicino!»
Perciò accogliamo oggi questa parola di speranza, perché il nostro sguardo si apra e la nostra vita torni a gioire della presenza del Signore, che ama la nostra vita ed è sempre all’opera per la nostra salvezza.