Crisi e opportunità in una relazione che cambia

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Photo by @avirichards

O Signore, va’ in aiuto a quei discepoli!
Spezza loro il pane perché
ti riconoscano.
Se tu non li riconduci sono perduti”.

Sant’Agostino, Discorso 236/A, 3.

La crisi

Quando in una relazione si comincia a dire “non ti riconosco più” è il segnale ormai evidente che da tempo la relazione si è usurata ed è arrivato il momento della crisi. Succede all’interno della coppa, anche dopo molti anni di matrimonio, succede tra amici che sono sempre liberi di scegliere vie nuove e imprevedibili, succede anche quando facciamo parte di un movimento, gruppo, famiglia religiosa, realtà cioè che possono cambiare nel tempo e in cui a un certo punto possiamo fare fatica a riconoscere quegli ideali che all’inizio ci hanno attirato.

Il cambiamento

Per quanto una relazione possa essere profonda, le persone al suo interno cambiano. Non possiamo pretendere di trattare l’altro come un oggetto immutabile. Noi stessi talvolta non ci sentiamo più capiti, abbiamo la percezione che l’altro sia lontano e non sia più capace di intendere in modo adeguato quello che stiamo vivendo. Questa incomprensione risiede anche nel fatto che molto spesso, per evitare un dispendio di energia, applichiamo all’altro degli schemi già noti: pretendiamo di conoscere bene l’altro, possiamo prevedere i suoi comportamenti, gli mettiamo addosso delle etichette che ci aiutano a non perdere tempo nel chiederci che cosa stia veramente attraversando il suo cuore.

Un Dio scontato?

Il Vangelo di questa domenica ci ricorda che probabilmente applichiamo questo stesso meccanismo anche a Dio: lo diamo per scontato, presumiamo di conoscerlo già, non ci aspettiamo niente di nuovo nella relazione con Lui, non ci interroghiamo su eventuali percorsi nuovi che forse ci sta suggerendo. Ripetiamo la stessa narrazione di Dio, come se si trattasse di un libro ormai già letto tante volte.

Un Dio già visto?

Anche Gesù aveva avvertito probabilmente dei segnali di crisi nella relazione con la gente, forse aveva avuto il sentore che il suo messaggio non fosse stato compreso adeguatamente. Possiamo dire in altre parole che Gesù non si è sentito capito. Per questo motivo ha il coraggio di fermarsi e di verificare quello che sta accadendo dentro questa relazione fondamentale per la sua vita. Attraverso i discepoli si informa innanzitutto sulla percezione che la gente ha avuto di lui. Le risposte certificano questa incomprensione: la gente ha interpretato Gesù alla luce di vecchi schemi. Conoscevano altri profeti, Giovanni Battista o Elia, e Gesù non sembra così diverso dagli altri. Ha qualcosa dell’uno e dell’altro. Ricorda esperienze passate, ma non c’è nulla di nuovo nel suo messaggio.

Verificare

La preoccupazione di Gesù ha un volto ancora più drammatico, perché teme di non essere stato capito neppure da coloro che gli sono stati più vicino. Per questo non ha paura di tirare fuori quella domanda rischiosa: “e voi, chi dite che io sia?”. È la domanda che il discepolo di ogni tempo non può evitare: dopo aver camminato insieme, dopo tanti anni che ci frequentiamo…chi sono io per te? Forse ci accorgeremo che Gesù è diventato una presenza nella nostra vita che non ci parla più, come quelle Bibbie aperte in bella mostra nell’ingresso delle case di giovani famiglie credenti, ma che nessuno legge più. Gesù è lì, ma nessuno lo interroga né lo ascolta.

Riprendere il cammino

Chi è Gesù per me in questo momento della mia storia? La risposta a questa domanda non è mai il frutto dell’intelligenza, ma solo dell’azione dello Spirito dentro di noi: “né sangue né carne te lo hanno rivelato”. La conoscenza vera di Gesù è un dono dello Spirito dentro di noi.

Nonostante queste dimenticanze e incomprensioni, Gesù non smette di affidarsi alle mediazioni umane per continuare a essere presente nella Chiesa: Pietro con tutti i suoi limiti diventa la roccia su cui Dio si appoggia per continuare a parlare all’umanità di ogni tempo. Dio ci rende degni di essere la voce attraverso cui continua a diffondere la sua Parola.

Fino in fondo

Per conoscere Gesù bisogna anche camminare insieme a Lui, fino in fondo, percorrendo anche il cammino del Calvario e sostando sotto la croce, accogliendo la gioia della risurrezione. Per questo Gesù ordina ai discepoli di non dire a nessuno che egli è il Cristo, perché non si tratta di ricevere un’informazione o una conoscenza, ma di fare un’esperienza. In quel momento del percorso nel Vangelo, la gente non potrebbe comprendere il significato di questa parola. E forse in questo modo torniamo alla domanda iniziale: conosciamo una persona se accettiamo di camminare insieme fino in fondo, rinunciando a visioni parziali o affrettate, ma soprattutto Gesù ci insegna a non considerare mai l’altro come un oggetto immobile e scontato nella nostra vita.

Leggersi dentro

– Chi è Gesù per te in questo momento della tua vita?

– In che modo potresti rinnovare la tua relazione con il Signore?

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